Coronavirus, viaggio nell’Italia in lockdown – VIDEO

Le immagini dal Paese fermo e chiuso per il lockdown. Viaggio documentario nella drammatica epidemia di Coronavirus nel nostro Paese

Quando il 31 gennaio due turisti cinesi che si trovavano in vacanza a Roma vennero ricoverati per Coronavirus, l’Italia si trovò per la prima volta faccia a faccia con il virus, ma allora sembrò una partita semplice. Nessuno poteva immaginare infatti quello che di lì a un mese sarebbe successo e che avrebbe sconvolto l’Italia e il mondo per sempre. E dopo quasi tre mesi quel periodo ci sembra immensamente distante, chiusi come siamo in un lockdown che ha cambiato faccia alle nostre città e ha cambiato decisamente la nostra.

Abbiamo voluto raccontare con un breve documentario questi mesi che hanno cambiato la nostra vita, i momenti di sconforto e di dolore, e quelli di forza e di solidarietà. Un piccolo viaggio per immagini nell’Italia del Coronavirus.
Il video è stato realizzato nei giorni precedenti al 15 aprile.

 

Coronavirus in Italia: da Codogno al lockdown alla fase 2

Da quel primo contatto con il Sars-Cov-2 di fine gennaio l’Italia dichiara lo stato di Emergenza e chiude i voli con la Cina, primo Paese in Europa a compiere un gesto così drastico. Ma mentre l’Europa dibatte nei salotti tv di questo virus, questo già circola nel nostro continente e silenziosamente inizia a mietere vittime. L’Italia della presenza del coronavirus se ne accorge grazie all’intuizione di una dottoressa di un ospedale di Codogno in provincia di Lodi. La dottoressa Annalisa Malara davanti a quel ragazzo di 38 anni con la febbre alta e una polmonite resistente ad ogni cura ipotizza che sia Covid-19. E così è. Codogno e Mattia, questo il nome del ragazzo, diventeranno nomi familiari agli italiani.

I casi nel lodigiano e nella Lombardia si moltiplicano. Contemporaneamente al caso di Codogno escono fuori dei casi anche in Veneto, a Vo Euganeo in provincia di Padova. Ci sono i primi decessi. Poi arrivano casi in Emilia Romagna, in Liguria, in Piemonte. E sono tutti riferibili al focolaio di Codogno. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte tramite un decreto il 23 febbraio chiude 10 comuni del lodigiano e il piccolo paese veneto: diventano zona rossa. Nessuno può entrare, né uscire.

Gli italiani guardano con apprensione, provano empatia per quei 50 mila connazionali chiusi in casa in quarantena, ma si pensa e si spera che il virus sia stato così isolato. Il 25 febbraio un nuovo Decreto del Presidente del Consiglio estende le misure di contenimento all’Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Veneto, Piemonte e Liguria. L’Italia non si ferma è l’incauto invito. Si fanno gli aperitivi a Milano, si vuole tranquillizzare la popolazione. Invece il Sars-Cov-2 si sta diffondendo.

Ci sono nuovi focolai in tutta la Lombardia. E gli occhi iniziano a posarsi su Bergamo. Dove già da diversi giorni, già da febbraio, ci sono casi di Coronavirus transitati nell’ospedale di Alzano. Ospedale chiuso solo qualche ora dopo il primo caso e poi subito riaperto. Alzano e Nembro sono nomi che in questo inizio marzo finiscono nelle agende della Protezione civile, della Regione, ma nonostante tutto non viene istituita la zona rossa. E sarà proprio questa zona, come sappiamo quella che diventerà l’epicentro del dramma del Coronavirus con i carri militari che trasportano le bare.

Siamo ad inizio marzo tutta la Lombardia è un susseguirsi di casi che diventano sempre più paurosamente numerosi. I numeri aumentano anche in Emilia Romagna, in Piemonte e in Veneto. Il virus si sta diffondendo in tutta Italia. Il 4 marzo un nuovo decreto che riguarda tutta l’Italia: si chiudono le scuole, si chiudono alcune attività e si ferma lo sport.

E’ la notte fra il 7 e l’ 8 marzo, una fuga di notizie da Palazzo Chigi anticipa il contenuto del Decreto del Presidente del Consiglio: tutta la Lombardia e 14 provincie fra Emilia, Piemonte e Marche sono zona Rossa. Migliaia di persone si riversano alla stazione centrale di Milano per tornare a casa, al Centro e al Sud. I governatori delle regioni del Sud si spaventano. Treni fermati, controlli alle stazioni, obblighi di quarantene. Ma un nuovo colpo sta per arrivare e cambiare la vita agli italiani.

L’11 marzo il presidente del Consiglio Giuseppe Conte estende a tutta Italia le misure di quarantena imposte alla Lombardia. Tutta l’Italia è zona Rossa. E’ il decreto #iorestoacasa che chiude gran parte delle attività. Inizia il lungo lockdown. L’epidemia è ormai esplosa, gli ospedali della Lombardia soffrono ‘non potremo curare tutti’ dicono con le lacrime, i numeri dei contagi salgono di giorno in giorno. Così come il drammatico conteggio dei morti.

Alle 18 diventa un appuntamento fisso la conferenza stampa con la Protezione Civile. Il bollettino diramato è un colpo al cuore, continuo. I medici e gli infermieri diventano gli eroi di questa guerra che per i cittadini si traduce nel semplice stare a casa. E se negli ospedali si lotta per trattenere la vita, nei balconi si canta per sentirla la vita.

Le notizie dal fronte lombardo sono catastrofiche. I letti non bastano, i respiratori non bastano, i cimiteri non bastano. Il mondo guarda all’Italia e l’abbraccia. Il tricolore illumina le piazze e i monumenti di mezzo mondo, le campane del Belgio suonano l’Inno di Mameli, e assieme a questa solidarietà arrivano gli aerei carichi di materiale medico e di uomini e donne pronti ad aiutare i colleghi negli ospedali. Dagli Emirati Arabi a Cuba dalla Cina alla Russia agli Stati Uniti alla piccola e grande Albania tutti inviano i loro aiuti. Sono i giorni più duri – finora e speriamo per sempre – di questa lotta al Coronavirus.

Gerusalemme rende omaggio all’Italia

L’Italia soffre: il virus è ormai ovunque. Il 22 marzo un nuovo Decreto: misure ancora più stringenti. Si chiude tutto, rimane aperto solo l’essenziale. Ma nell’emergenza l’Italia tira fuori la sua parte migliore. Si moltiplicano le iniziative di solidarietà: arriva il carrello sospeso per chi non può permettersi di fare la spesa, nelle piazze vengono disseminate cesta dove lasciare cibo per chi non può comprarlo; si porta la spesa a domicilio agli anziani. Medici e infermieri partono dal Sud Italia per aiutare i colleghi del Nord. L’Italia è unita.

Solidarietà per le strade di Napoli

Non c’è un angolo di mondo in cui il coronavirus non è arrivato, perfino nell‘isola di Pasqua. L’Europa e gli Stati Uniti sono stati a lungo a guardarci, ma senza agire e ora come noi si ritrovano a lottare. I nostri connazionali all’estero guardano con apprensione all’Italia. Nel frattempo mezzo mondo finisce in quarantena: New York, Parigi, Londra, Madrid sono tutte in lockdown offrendo immagini spettrali di città vuote.

Piazza San Marco a Venezia deserta

Al dolore per i morti, alla paura, si unisce la preoccupazione economica. E’ chiaro che questa pandemia cambierà la vita di tutti. Il lockdown inizia però a funzionare in Italia: quei numeri iniziano a scendere, si arriva a un plateau. Si inizia così a pensare al futuro, si parla di fase 2. Ma bisogna ancora resistere. Un nuovo decreto lockdown fino al 13 aprile. E poi ancora un altro: fino al 4 maggio, ma qualcosa è cambiato, alcune attività come le librerie e i negozi per bambini possono riprendere.

Piazza Duomo a Milano deserta

Nel frattempo le nostre città sono deserte. Il Papa celebra messa in una Piazza San Pietro vuota, Bocelli canta in un Duomo deserto. La Pasqua con il sole vede gli italiani a casa. Gli animali conquistano le città e l’acqua di Venezia diventa trasparente. E intanto è iniziata la discesa. I numeri si abbassano, le terapie intensive si svuotano. Viene chiusa una delle rianimazioni Covid dell’Ospedale Niguarda di Milano, per la prima volta al pronto soccorso dell’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo non c’è nessuno.

Ponte Vecchio a Firenze: nessuno in giro

Si sta andando nella direzione giusta, la strada però è ancora lunga, i morti sono ancora tanti, i casi pure. Il Bollettino della Protezione civile mostra numeri impressionanti: dall’inizio dell’epidemia al 22 aprile 183.957 persone hanno contratto il virus, di queste 24.648 persone sono decedute. Attualmente ci sono  107.709 casi positivi attivi. La crescita rispetto al giorno precedente è dell’1.5%. Per la prima volta il numero dei positivi attuali è minore del giorno precedente.

Piazza di Spagna a Roma completamente vuota

Si può ora però e si deve pensare alla fase due e a quelle successive. L’Italia deve ripartire e lo farà indossando la mascherina e mantenendo la distanza di sicurezza. Dovrà ora, che questo maledetto tsunami, è passato imparare a convivere con il virus. Il Sars-Cov-2 se ne andrà finalmente solo quando ci sarà un vaccino. Fino ad allora dovremo però tenere la guardia altissima sapendo che basta davvero poco per far scoppiare un nuovo focolaio e sconvolgere nuovamente l’Italia.

Via dei Fori Imperiali a Roma: non c’è nessuno

La normalità che avevamo prima della pandemia potremo tornare ad averla solo dopo che ci sarà un vaccino. Ma sarebbe bene avere una nuova normalità, migliore della precedente. Una nuova normalità fatta di abbracci e di sorrisi, di solidarietà, di ritmi più lenti, di attenzione alla natura, di politiche rivolte alla sanità e al bene comune, di riconoscenza ai veri eroi che non sono quelli che calciano un pallone o cantano in uno stadio, quelli ci fanno solo compagnia, ma quelli che indossano un camice e salvano vite umane, a volte perfino rimettendoci la loro. Ecco, se faremo tutto questo allora sì, che andrà tutto bene.

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