E’ conosciuta come la città in cui è vietato morire. Sembra uno scherzo, eppure non è così: ecco cosa accade in questo luogo.
Parliamo di un posto unico nel suo genere, una delle comunità più isolate del mondo a 78˚ di latitudine nord, a soli 1.316 km dal Polo Nord e con una popolazione di oltre 2.000 abitanti è uno degli insediamenti permanenti più settentrionali del mondo.

Longyearbyen, una città avvolta da un’aura di mistero e fascino, si erge come un baluardo di umanità nel cuore del gelido Circolo Polare Artico. Questa località, situata nell’arcipelago delle Svalbard, è nota non solo per le sue straordinarie condizioni climatiche ma anche per una legge tanto insolita quanto necessaria: è vietato morire.
Vita e morte a Longyearbyen
La vita a Longyearbyen si svolge in condizioni estreme, dove la natura impone il suo ritmo incessante e gli abitanti devono adattarsi per sopravvivere. Le stagioni qui non sono come altrove; l’inverno porta con sé la Notte Polare, un periodo di buio totale che dura circa due mesi e mezzo. Durante questo tempo, il sole non supera mai l’orizzonte, lasciando la città in una penombra bluastre e rossastre creata dai suoi raggi che sfiorano appena il cielo polare. Al contrario, l’estate è caratterizzata dal Sole di Mezzanotte: il sole rimane visibile 24 ore su 24 per diversi mesi, permettendo agli abitanti e ai visitatori di godere appieno delle attività all’aperto.
Un altro aspetto peculiare della vita a Longyearbyen riguarda la sicurezza personale quando si viaggia fuori dalla città: è consigliabile portare con sé un fucile per proteggersi dagli orsi polari. Questi magnifici ma imponenti animali vivono principalmente a nord dell’arcipelago ma possono occasionalmente avvicinarsi alla città in cerca di cibo.

Ma ciò che rende Longyearbyen veramente unica è la sua legge contro la morte. A seguito di un’epidemia negli anni ’20 causata da virus “attivi” nei corpi seppelliti nel terreno ghiacciato (permafrost), che impediva loro una corretta decomposizione e quindi la neutralizzazione dei patogeni contenuti, fu deciso che nessun altro corpo potesse essere sepolto nella zona. L’ultimo funerale nel piccolo cimitero della città risale agli inizi del Novecento.
Questa misura drastica ha reso necessario affrontare anche altre questioni legate al ciclo della vita. Ad esempio, le donne incinte sono incoraggiate a lasciare Longyearbyen qualche mese prima del parto previsto poiché la città non dispone delle strutture mediche adeguatamente attrezzate per gestire nascite o complicazioni durante esse.
Queste regole stringenti riflettono l’adattamento dell’uomo alle condizioni estreme dell’Artico e mostrano come sia possibile costruire una comunità resiliente anche negli ambienti più ostili del pianeta. La proibizione di morire o dare alla luce evidenzia i limiti fisici impostati dalla natura stessa sulla presenza umana nelle regionali polari.
Longyearbyen rappresenta così uno studio affascinante sulla convivenza tra uomo e natura selvaggia; un luogo dove ogni giorno è una sfida ma anche un tributo alla forza dello spirito umano che cerca di adattarsi ed evolvere in armonia con il mondo circostante.