Riaprono gli alberghi diffusi, riparte il turismo slow post emergenza

Riaprono gli alberghi diffusi, riparte il turismo slow post emergenza. Cosa bisogna sapere.

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Montemaggiore al Metauro, Pesaro-Urbino (Adobe Stock)

Nel graduale e lento ritorno a una vita il più possibile normale, tra attività lavorative e viaggi, nel post emergenza sanitaria del nuovo coronavirus stanno riaprendo gli alberghi per la stagione estiva. Non tutti, purtroppo, molti rimarranno chiusi perché non in condizioni di sostenere le spese di apertura e di adeguamento delle strutture alle nuove misure di sicurezza sanitaria a fronte di un numero di clienti molto ridotto.

Altri, invece, stanno facendo di tutto di per riaprire e visto il progressivo calo dei contagi in Italia e nel resto d’Europa e la riapertura delle frontiere in Europa tra i vari Paesi dalla metà di giugno, la stagione turistica potrebbe essere salva, almeno in parte. Certo con guadagni molto inferiori.

Tra le strutture ricettive che hanno già riaperto o stanno riaprendo in questi giorni ci sono anche gli alberghi diffusi. Si tratta di strutture che occupano non un unico grande edificio, come l’albergo tradizionale, ma diversi e più piccoli edifici, all’interno dei quali si trovano le camere e le sale comuni. Queste strutture sono situate in un luogo raccolto, solitamente un borgo o anche una villa padronale con più dependance, un monastero o un convento convertito ad albergo, anche case sparse in campagna. Si tratta di luoghi dove trovare pace e tranquillità, all’insegna del turismo slow.

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Riaprono gli alberghi diffusi, riprende il turismo dei borghi

I luoghi che ospitano gli alberghi diffusi sono soprattutto i piccoli borghi che nel tempo hanno perso i loro residenti e sono stati convertiti in strutture ricettive. Le case e gli edifici del borgo ospitano la singole stanze per il soggiorno dei clienti, altri invece gli spazi comuni, dalla recepiton alla sala per la colazione e il pranzo. Sono strutture per chi cerca un turismo di qualità e sostenibile, in luoghi incantevoli e sospesi nel tempo, dove la bellezza del paesaggio si unisce al pregio architettonico di edifici a misura d’uomo, insieme a tradizioni antiche, arte, cultura, enogastronomia e attività all’aria aperta. Il turismo degli alberghi diffusi e quello dei borghi viaggiano insieme, per offrire ai visitatori l’immersione in un’atmosfera d’incanto, sospesa nello spazio e nel tempo. Un turismo per ritrovare sé stessi e rilassarsi.

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Nella fase post emergenza coronavirus diverse strutture ricettive stanno riaprendo, anche gli alberghi diffusi. L’Adi, l’Associazione Nazionale degli Alberghi Diffusi, ha annunciato che entro giugno il 70% dei loro associati riaprirà le proprie strutture.

Il momento però resta difficile, soprattutto per quel 30% che non riaprirà, almeno non subito. Per questo motivo l’Associazione ha chiesto interventi del governo e l’istituzione di un “bando specifico”. L’appello è stato lanciato dal presidente dell’Adi, Giancarlo Dall’Ara.

“Gli alberghi diffusi sono l’unica ospitalità realmente Made in Italy. Centrali in questo momento in cui il turismo slow assume una valenza prioritaria. Serve un bando specifico”, ha detto Dall’Ara all’Ansa. Una gran varietà di luoghi incantevoli del territorio italiano ospita alberghi diffusi. Come il centro storico di Scicli, cittadina set della serie il Commissario Montalbano, il borgo di Gradara, nelle Marche, una infinità di borghi della Toscana, le Grotte della Civita, tra i Sassi di Matera, infine il nuovo entrato, il borgo di San Leo, in Romagna, dove si fermarono a dormire anche Dante Alighieri e San Francesco.

L’albergo diffuso è nato dal punto di vista normativo nel 1989 in Sardegna, regione che oggi detiene il record di queste strutture. In tutta Italia si tratta di oltre 200 realtà, anche se solo 70 sono state riconosciute dall’Adi, sulla base di rigidi standard qualitativi.

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Montemerano, Toscana (iStock)

L’ospitalità

“Gli alberghi diffusi sono fuori dalle grandi città sovraffollate – ha aggiunto Dall’Ara – Spesso sono in borghi, anche difficilmente raggiungibili. Eppure il 90% delle strutture lavora tutto l’anno, perché il 50% degli ospiti arriva dall’estero. E si coinvolge tutto il paese, perché quello che si vende non è solo la stanza per dormire, ma lo stile di vita all’interno di un borgo. Anzi, spesso gli stessi alberghi diffusi tengono aperti negozi, ristoranti, hanno scuole di italiano o offrono lezioni di cucina. Esistono persino tour degli alberghi diffusi alla scoperta dell’Italia più autentica”. “È l’unico modello di ospitalità che non abbiamo importato, ma esportato. Sotto la nostra guida, alberghi diffusi sono sorti in Danimarca, Svizzera. In Giappone è nata un’associazione gemella alla nostra e tutti”, anche nei Paesi per i quali l’italiano è una lingua difficile, “hanno mantenuto la dicitura in italiano ‘Albergo diffuso'”.

Oltre a ospitare stranieri, il turismo negli alberghi diffusi diventa la proposta per le vacanze degli italiani, fuori dalle mete più battute, all’insegna del turismo di prossimità che sarà la caratteristica fondamentale di questa estate e anche alla ricerca di luoghi poco affollati e di quel distanziamento ancora richiesto dalle norme di sicurezza sanitaria.

Per gli alberghi diffusi, tuttavia, rimangono incertezze e difficoltà, dovute alla situazione economica. Anche perché “molte Regioni non li hanno inclusi nell’elenco delle categorie delle strutture ricettive che possono avere accesso ai fondi”. Per questo l’Adi chiede “un provvedimento specifico per gli Alberghi Diffusi in Italia. Chiediamo un bando con finanziamento a fondo perduto per evitare la chiusura, un voucher turistico forfettario per chi pernotta da noi e la defiscalizzazione delle spese per beni e servizi acquistati all’interno della comunità”, ha detto Dall’Ara, sottolineando la necessità di un “piani nazionale” con “un grande progetto, fatto di strutture, servizi e incentivi, iniziando dai residenti”.

Per informazioni: www.alberghidiffusi.it

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Olbia, chiesa di San Paolo (G Da, CC BY-SA 3.0, Wikicommons)
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