Le Iene, racconto chock dagli infermieri che soccorsero Marco Vannini

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A ‘Le Iene’ si parla di Marco Vannini (websource/archivio)

A ‘Le Iene’ si parla del caso di Marco Vannini. Parlano due infermieri che arrivarono a casa Ciontoli per cercare di salvare il giovane: “Ci fu impedito”.

A ‘Le Iene’ si è parlato di Marco Vannini e del suo omicidio, che ha visto gli imputati, i componenti della famiglia Ciontoli, ricevere delle condanne lievi, a detta della famiglia del giovane. Marco morì nel maggio del 2015, in casa della fidanzata e con i soccorsi che agirono in ritardo a causa del continuo ritrattare dei Ciontoli. ‘Le Iene’ hanno contattato due infermieri del 118 che per primi soccorsero Marco Vannini. Il 20enne di Cerveteri venne raggiunto da un solo corpo di arma da fuoco, che però si rivelò letale. Entrambi descrivono quei concitati attimi, ricordandoli come “terribili. Era la notte tra il 17 ed il 18 maggio 2015, avrei fatto di più se solo mi fosse stato permesso, ma siamo stati ingannati”, dice Ilaria, che assieme al collega Christian ricorda altro. “Scendemmo dall’ambulanza e chiedemmo a Martina Ciontoli cosa fosse accaduto. Lei rispose di non sapere niente. Invece Antonio, il capofamiglia ed ex agente dei servizi segreti parlò loro di un attacco di panico avuto da Marco.

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Marco Vannini, gli infermieri: “Ci fu impedito di salvarlo”

“Ma nessuno di loro ha mai parlato di un colpo di pistola. Anzi, Antonio Ciontoli disse che Marco stavo scherzando sul risultato di una partita di calcio quando sarebbe scivolato all’improvviso, ferendosi con un pettine a punta. Da lì avrebbe avuto poi un attacco di panico”. Una volta arrivati finalmente al Pronto Soccorso, dopo diverso tempo, finalmente Ciontoli parlò di uno sparo. “Capimmo che qualcosa non andava e da codice verde portammo la cosa a codice rosso”, dice l’infermiera. Anche se quella ferita non sembrava affatto essere inferta da un’arma da fuoco. “Il foro era molto piccolo, pulito e quasi del tutto cicatrizzato. Somigliava più ad una bruciatura di sigaretta, e non c’era traccia di sangue su Marco Vannini. A me ed al mio collega però sono state negate delle informazioni vitali per consentirci di lavorare al meglio. Ci è stato impedito di sapere quale fosse la verità, in caso contrario quel ragazzo sarebbe sopravvissuto”.

 

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