Martina Ciontoli, tutte le incongruenze della sua deposizione al processo per l’omicidio Vannini

Nella deposizione di Martina Ciontoli al processo d’Appello bis per l’omicidio di Marco Vannini, sono state riscontrate molte incongruenze.

Da poco è avvenuta la deposizione di Martina Ciontoli per la sentenza d’Appello bis per l’omicidio di Marco Vannini, ucciso da un colpo di proiettile nel 2015 nella casa della famiglia Ciontoli a Ladispoli. Il 30 settembre è arrivata la sentenza del processo, che ha condannato a 14 anni Antonio Ciontoli per omicidio volontario con dolo eventuale.

I figli dell’ex militare, Martina e Federico Ciontoli e la moglie Maria Pezzillo sono stati condannati a 9 anni e 4 mesi per omicidio volontario anomalo. Sulle deposizioni della famiglia, a partire da quella della fidanzata di Marco Vannini, restano moltissime incongruenze: tutto fa pensare che la ragazza fosse nella stessa stanza di Marco quando il giovane è stato raggiunto dal proiettile che si è rivelato fatale. La ragazza, infatti, è sotto accusa dopo la deposizione e i giudici le attribuiscono la piena consapevolezza di ciò che accadde alla vittima. Contrariamente a come aveva sempre sostenuto in aula a processo, infatti, la figlia di Antonio Ciontoli avrebbe assistito allo sparo e, in seguito, aiutato il padre a depistare i soccorsi.

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Martina Ciontoli, sotto accusa per la prima volta

Per la prima volta è stato messo in sentenza che Martina Ciontoli era nel bagno quando il fidanzato è stato colpito dal proiettile esploso a bruciapelo da Antonio Ciontoli. Finora la giovane non era mai stata collocata sulla scena del crimine e aveva sempre negato di aver visto qualcosa. I giudici dell’Appello bis, però, sono di un’altra opinione: Martina ha visto tutto, avrebbe potuto scegliere di soccorrere il fidanzato, invece ha assecondato il padre.

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I difensori della famiglia Ciontoli, dopo aver letto le motivazioni della sentenza, hanno assunto un atteggiamento ampiamente criticato, accusando la Corte d’Assise d’Appello di Roma di “conclamata illogicità ed erroneità, che giungono ad aattare i dati probatori a convinzioni preconcette estranee al patrimonio istruttorio offerto dal processo“. Gli avvocati Andrea Miroli e Pietro Messina preannunciano così i contenuti del loro ricorso in Cassazione.

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