Caso Vannini, lettera-fiume di Viola Giorgini: “Ai genitori di Marco dico…”

In una lunga lettera a TPI Viola Giorgini torna a parlare della tragica sorte di Marco Vannini, dicendosi “perseguitata dai media” e ammettendo di aver “odiato Antonio Ciontoli e me stessa”. 

“Fin da bambini ci insegnano che la vita di ognuno è il risultato di quello che siamo e di quello che abbiamo coltivato nel corso del tempo. Una frase corretta, ma a volte non completamente veritiera. Può succedere, quando meno te lo aspetti, che la vita ti metta davanti ad una dura ed inaspettata prova, di fronte alla quale o sai prontamente reagire, o il corso della tua vita prende una strada diversa. Questa strada purtroppo la sto scoprendo un passo alla volta e dopo anni, quando la mattina apro gli occhi, ancora, facilmente, la confondo con un incubo”. Comincia così la lunga lettera inviata a TPI da Viola Giorgini, fidanzata di Federico Ciontoli e unica imputata assolta nel processo per l’omicidio di Marco Vannini.

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La verità di Viola Giorgini sulla vicenda Vannini

“Sono anni – scrive Viola Giorgini a TPI – che ripercorro costantemente gli attimi e soprattutto le sensazioni di quella sera, la sera del 17 maggio 2015, come se non volessi mai concedermi, neanche per un minuto, la possibilità di allontanare quelle emozioni. È una tragica storia, che giorno dopo giorno è diventata sempre più reale, fino ad essere oggi, la mia vera vita, una battaglia silenziosa che purtroppo combatto ogni giorno. In poco tempo, le piccole sicurezze che avevo avuto fino a quel momento crollarono e subito dopo, con loro, crollai anche io”.

“Ho vissuto questi cinque anni in silenzio – prosegue la ragazza -, trasformandomi in un fantasma, credendo che questo potesse essere l’unico modo per sopravvivere. Quando scelsi di non vendermi a quei programmi televisivi che tanto hanno lucrato e tutt’ora lucrano su tragedie come questa, mi sono sentita spesso dire che avevo sicuramente qualcosa da nascondere. In verità, scelsi il silenzio sempre e solo per il carattere mediatico che caratterizza questa storia, che proprio non condivido. Ma questo non emerse mai”.

Eppure “oggi devo dire che il mio silenzio, tanto giudicato e condannato, nonostante abbia complicato la mia vita aggravando la mia esclusione da quella sociale, mi ha salvata. Mi ha salvata dal divenire un grande mostro, mi ha salvata da quel meccanismo ‘sporco’ che è la televisione (almeno per quanto riguarda tutti coloro che hanno trattato questa, come una storia da cui ricavare profitto), mi ha salvata dalla malattia dell’odio e da tutte quelle guerre che vengono fatte costantemente in televisione e sui social”.

“Ho provato odio nei miei confronti – ammette Viola Giorgini -, per non essere stata in grado di capire cosa stesse succedendo quella sera, per essermi fidata e non essere andata oltre. Mi sono sentita talmente tanto in colpa per la mia immaturità! Ma poi? Poi una voce mi diceva di mantenere fisso nella mente, ma forse più nel cuore, quello che realmente è stato. Questa voce è talmente forte da mantenermi sveglia la notte, da mettermi ancora nella condizione di pormi delle domande e a tratti è stata davvero tanto forte da mettermi alla prova. Ad oggi so che, se questa voce non mi avesse accompagnata, io non sarei qui”.

“Io la verità l’ho detta – assicura Viola Giogini -, Federico anche, a chi è che non arriverà? A chi non l’ha voluta sapere perché scomoda. La verità è una sola, non dovrebbe esistere la differenza tra quella processuale e quella storica, la verità è una sola e Marco la sa. Perché nomino Federico? Perché è stato condannato ingiustamente, e chi lo conosce sa di cosa parlo. Io e Federico conducevamo una vita normale, tranquilla, perché avremmo voluto rovinarci la vita? Come si può pensare che avremmo voluto la morte di una persona?”.

Poi la parte più delicata, quando tira in ballo i genitori di Marco Vannini: “Marina e Valerio, ho sempre creduto che non sia questa la sede per parlare con voi, ma prima che diciate che Marco in tutto questo mio ragionamento non c’è mai, vi fermo. È sempre presente, in ogni istante, perché al suo posto ci sarei potuta essere io (e voi lo sapete) e se potessi dargli parte della mia vita lo farei volentieri. Nei miei occhi avete potuto leggere tanto. Sono stata presente due volte in aula e tutte e due le volte, sapete che ero rivolta a voi. Per un attimo avrei voluto che la formalità di quell’aula di tribunale potesse scomparire”.

E conclude: “Non potrei vivere con tali rimorsi, se davvero fossero tutte bugie. Se sono ancora qui è perché so la bontà e la verità di quello che è stato, se fossi stata davvero uno dei cinque mostri senza coscienza, oggi non so se sarei riuscita a sopravvivere. Avete ragione, tante volte sarei potuta venire da voi, non ne ho avuto il coraggio, ho avuto paura di tutto quello che avete scelto di far stare intorno a voi. In qualche modo dovevo e devo proteggermi dal carico di odio, insulti e minacce. Non credo che la televisione sia il luogo adatto alla sofferenza. Ad oggi non avrei vantaggio a dire tutto questo, spero possiate pensarci”.

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