Lucio Battisti, la rivelazione del nipote: “Era tirchio e non solo…”

A 22 anni dalla scomparsa di Lucio Battisti, il nipote Andrea Barbacane offre un ritratto inedito dell’indimenticabile cantautore. 

Com’era Lucio Battisti lontano dagli studio di registrazione e dall’ambiente dello spettacolo, insomma l’uomo anziché l’artista? A rispondere a questa domanda, a 22 anni esatti dalla scomparsa dell’indimenticabile cantautore, è uno dei suoi parenti più stretti, il nipote Andrea Barbacane, figlio della sorella Albarita. Che in un libro significativamente intitolato “Il grande inganno” cerca di sgombrare il campo da falsi miti e luoghi comuni sul grande Lucio.

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Un ritratto “intimo” di Lucio Battisti

“Vidi mio zio per l’ultima volta poco prima della morte, a casa dei nonni. Lo trovai bene, solo un po’ in sovrappeso” ricorda il nipote di Lucio Battisti, di cui rivela subito il carattere: “Non le mandava a dire, era uno senza peli sulla lingua”. Nel libro “ho citato anche qualche episodio poco edificante su di lui, ma ne ho fatto un ritratto vero – spiega al Messaggero -: era un big della musica ma anche un essere umano, e dell’artista bisogna prendere ‘tutto il pacchetto’, non farne un santo”.

Per la cronaca, Lucio Battisti “non era né laziale né devoto”, e “la sua tirchieria era proverbiale”, ma “non è vero che nonno gli spaccò in testa la chitarra”. E ancora: “Non ha mai rinnegato le origini, ma è vero che non tornava volentieri a Poggio Bustone, non vedeva di buon occhio i paesani della generazione del padre, e il motivo c’è… Nonno non ha mai nascosto idee di destra ma non si sarebbe mai messo contro i paesani. Loro gli furono sempre ostili, finché non divenne ‘zì Alfiero’: guarda caso quando il figlio diventò famoso”.

Ciò detto, il più grande rammarico del nipote è di aver vissuto poco “quel gran genio di suo zio”, complici i rapporti molto tesi tra Lucio Battisti e la sorella. “Aiuti economici? Non ce ne sono stati, ma io mi sono sempre mantenuto da solo. Mi sarebbe solo piaciuto un interessamento generale maggiore verso di noi”. E, screzi familiari a parte, “la magia di uno zio così speciale avrei voluto respirarla di più”.

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