Bambino ucciso Cardito | confessione impressionante della sorellina contro il patrigno

Bambino ucciso Cardito
Bambino ucciso Cardito FOTO viagginews

Giuseppe, il bambino ucciso a Cardito, in provincia di Napoli nello scorso gennaio, veniva picchiato di continuo, e con lui la sorellina che svela tutto.

Giuseppe, il bambino ucciso a Cardito a gennaio 2019, era spesso oggetto delle violenze di Tony Essobti Badre. E con lui anche la sua sorellina, che a differenza del bambino si è salvato pur venendo massacrata di botte dal patrigno in numerose circostanze. Il 27 gennaio per Giuseppe non ci fu niente da fare. Abitualmente Essobti si accaniva contro i due piccoli figli della sua compagna, Valentina Casa. La donna aveva anche un’altra bambina, di poco più di un anno. Ma la violenza dell’italiano di origini tunisine prendeva di mira il bambino ucciso a Cardito e la sua sorellina, rimasta a lungo ricoverata in ospedale. Lei fingeva di essere svenuta per non avere altre botte. La bimba ha concesso un resoconto drammatico di quando morì il suo fratellino. Alla psicologa infantile che le è stata affiancata ha detto di avere visto Giuseppe sul divano di casa. Non riusciva a parlare e stava fermo con gli occhi socchiusi.

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Bambino ucciso Cardito, la testimonianza impressionante della sorellina

Parole riferite in aula dalla stessa dottoressa in una audizione del processo che si sta celebrando contro Essobti. La donna conferma la strategia concepita dalla piccola. “Faceva finta di avere perso i sensi per non ricevere altre botte ed aveva suggerito anche a Giuseppe di fare lo stesso. Ha detto anche a me e ad altri miei colleghi di farlo, in quanto ci riteneva in pericolo”. Ma c’è dell’altro. La bambina avrebbe rivelato che il patrigno era solito torturarla. “Una volta mi mise sotto al rubinetto con la bocca aperta”, sono le parole della bambina registrate durante un incontro per ricevere la sua testimonianza. Colloquio videoregistrato e tenuto in un ambiente protetto. E la mamma non si opponeva a tanta violenza sui suoi figli se non a parole. “Basta, li stati uccidendo” avrebbe detto una volta. A Valentina Casa viene imputato proprio questo aspetto: ovvero non avere mai impedito le violenze sui suoi bambini. Non avrebbe mai alzato un dito per impedire al compagno manesco di fare loro del male.

Anche l’altra sorellina ha confermato tutto, con dei pupazzetti

Ed avrebbe anche cercato di coprirlo quando il piccolo Giuseppe è morto. La chiamata al 118 giunse in maniera tardiva, altrimenti il bimbo avrebbe potuto salvarsi. Confermato poi il fatto che la figlioletta che si è salvata avrebbe chiesto aiuto alle maestre, restando però inascoltata. La piccola ha fatto nello specifico i nomi di sue due insegnanti, alle quali aveva confidato tutto quanto doveva sopportare a casa. “Dicevo loro di chiamare i carabinieri e non li hanno chiamati”, le parole registrate dalla bocca della bimba. Le due maestre e la dirigente della scuola frequentata da Giuseppe e dalla sorellina sono stati citati in giudizio per ipotesi di omessa denuncia. Al processo è presente anche il loro papà, il quale però ha scelto di non costituirsi parte civile. Pure l’altra sorellina avrebbe mimato le violenze subite, usando dei pupazzetti.

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