Paolo Adinolfi, il caso del magistrato scomparso nel 1994

Un sabato 2 luglio di 26 anni fa Paolo Adinolfi, magistrato della Fallimentare del Tribunale civile di Roma, sparì letteralmente nel nulla. Ecco la sua storia.

“Torno più tardi, ci vediamo a pranzo”, con queste parole Paolo Adinolfi salutò la moglie Nicoletta e i figli Giovanna e Lorenzo. Ma da quel sabato 2 luglio 1994 del magistrato romano si è persa ogni traccia. In tutti questi anni ci sono state inchieste della magistratura, ricerche, testimonianze più o meno reticenti e ipotesi che includono anche la Banda della Magliana. Ma la verità sembra ancora lontana.

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Il “giallo” del giudice Paolo Adinolfi

Al momento della sua scomparsa Paolo Adinolfi aveva 52 anni ed era un giudice della Corte d’Appello in servizio da venti giorni, dopo una lunga carriera da magistrato alla Sezione Fallimentare, oltre che un uomo innamorato della sua Nicoletta dai tempi dell’università, un padre sempre presente e un figlio molto all’anziana madre. Chi lo conosceva e gli voleva bene è certo che mai e poi mai si sarebbe allontanato dalle sue responsabilità e dai suoi affetti. Tant’è.

Mentre nei palazzi del potere imperversavano le conseguenze dell’inchiesta Tangentopoli, Paolo Adinolfi usciva di casa in via della Farnesina, intorno alle nove del mattino, per svolgere alcune incombenze, e alla guida della sua BMW 316 raggiungeva il Tribunale civile di viale Giulio Cesare. Dopo aver sbrigato il suo lavoro, intorno alle 11 il magistrato saliva nuovamente nella sua BMW e raggiungeva il Villaggio Olimpico, parcheggiava, entrava nell’ufficio postale di zona e faceva un’operazione inspiegabile: un vaglia postale di 500mila lire alla moglie. Da quel momento in poi le sue sorti sono un mistero.

In questo caso le stranezze e le incongruenze non mancano. Un avvocato il 2 luglio 1994, prima ancora che i TG diano la notizia, chiama il 113 per segnalare di aver visto il magistrato scomparso sul bus numero quattro. E il 3 luglio le chiavi di casa e dell’auto di Adinolfi vengono ritrovate nella buca delle lettere del condomino della mamma Giovanna, dove però nessuno ricorda di aver visto il giudice il giorno prima. Cosa ne è stato di quest’uomo? In tanti anni le ipotesi sono state le più varie. A lungo è girata voce che fosse sepolto sotto la villa che un tempo fu di Enrico Nicoletti, il “cassiere” della della Magliana. Ma le indagini non sono mai approdate a un punto di svolta.

L’inchiesta per la scomparsa di Paolo Adinolfi è stata ormai definitivamente archiviata, nonostante gli stessi inquirenti fossero convinti dell’ipotesi delittuosa, e da anni la sua famiglia non si dà pace. Secondo i figli e la moglie del giudice, la chiave del giallo va ricercata nella finanza nera e nell’oscuro intreccio di interessi politici e criminali di quei tempi. In tale contesto andrebbe inquadrata la lettera che Adinolfi aveva lasciato alla moglie perché la leggesse solo dopo la sua morte: una sorta di “testamento spirituale” lasciato anzitempo da chi sentiva che la sua vita era in pericolo.

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