Omicidio Mollicone, processo: le parole choc del carabiniere suicida

Al processo per l’Omicidio di Serena Mollicone, arrivano le dichiarazioni del carabiniere suicida attraverso un’intercettazione. Si parla di altre persone coinvolte nell’occultamento. 

Si combatte ancora per scoprire la verità sull’omicidio di Serena Mollicone. Il giudice Domenico Di Croce, all’udienza preliminare che si terrà al Tribunale di Cassino, deve decidere per le richieste di rinvio a giudizio per i cinque imputati. Il PM Maria Beatrice Siravo e le parti civili stanno ripercorrendo le tappe e gli esiti dell’uccisione della diciottenne di Arce, che non ha avuto giustizia per oltre 19 anni.

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Nell’udienza preliminare si parla anche del suicidio del brigadiere Santino Tuzi, avvenuto l’11 aprile 2008. Dopo che Tuzi aveva parlato con gli inquirenti della presenza della vittima nella caserma dei Carabinieri della provincia di Frosinone il giorno del delitto, prima si essere ascoltato si è ucciso; le sue prove sono comunque ammesse come prova dell’accusa. Il legale della famiglia Tuzi, l’avvocato Elisa Castellucci, ha sottolineato davanti al giudice Di Croce, come le impronte digitali e il DNA del brigadiere vennero confrontate subito con le tracce trovate sul corpo di Serena, dimostrando che era estraneo all’omicidio. Il brigadiere è stato una vittima, sottoposto a pressioni per non fargli raccontare quanto aveva visto nella stazione dell’Arma di Arce.

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Evidenziata anche l’intercettazione di una telefonata di un dipendente dell’azienda del fratello dell’imputata Anna Maria Mottola, in cui l’operaio era preoccupato per la raccolta delle impronte: “Quello lavorava là! Se l’hanno prese sulla macchina… io comunque le ho portate le macchine! I cartoni li abbiamo maneggiati. Io lo scotch non me lo ricordo, però se io c’ero, l’abbiamo toccato! Quello stava insieme a noi“. Una conferma questa per il PM e le parti civili, di un altro soggetto che avrebbe contribuito ad occultare il cadavere, e della responsabilità dei Mottola, del comandante Franco, della moglie Anna Maria e del figlio Marco, accusati di omicidio.

Serena Mollicone

La storia: le indagini e le difficoltà

Dalle indagini è emersa l’importanza della testimonianza di Simonetta Bianchi che dichiarò di aver visto il 1 giugno 2001, presso il Bar della Valle, una ragazza che somigliava a Serena Mollicone insieme a un ragazzo che somigliava a Marco Mottola. Inoltre Serena era spesso stata vista in caserma anche da Rita Torriero, che frequentava Tuzi e raccontò di aver visto la ragazza nella stazione almeno due o tre volte. Serena Mollicone sparì il 1 giugno 2001 da Arce e fu trovata due giorni dopo in un boschetto ad Anitrella, senza vita con mani e piedi legati e la testa in un sacchetto di plastica.

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Nel 2003 fu arrestato con l’accusa di omicidio e occultamento di cadavere Carmine Belli, un carrozziere di Rocca d’Arce, che fu assolto dopo aver passato quasi un anno e mezzo in prigione da innocente. Le indagini sono riprese dopo la morte di Santino Tuzi nel 2008, a causa della paura di raccontare cos’era successo nella caserma dell’Arma di Arce. Il PM Siravo è convinta che la diciottenne si fosse recata il giorno della sparizione presso la caserma, avesse avuto una discussione con Marco Mottola, e che in un alloggio in disuso dei Mottola, fosse stata aggredita. La giovane ha battuto con violenza la testa contro una porta e i Mottola l’avrebbero portata nel boschetto credendola morta. Scoprendola viva, l’avrebbero successivamente soffocata.

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Chiesto il rinvio a giudizio per l’ex comandante Franco Mottola, il figlio Marco, la moglie Anna Maria con le accuse di omicidio aggravato e occultamento di cadavere, l’appuntato scelto Francesco Suprano con accusa di favoreggiamento personale in omicidio volontario e il luogotenente Vincenzo Quatrale, accusato di concorso in omicidio volontario e istigazione al suicidio del collega brigadiere Tuzi. Il 13 marzo riprenderà l’udienza preliminare, a parlare le difese.

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