Cardito, funerali del piccolo Giuseppe: rabbia e disperazione, ecco cosa è successo

Cardito, funerali del piccolo Giuseppe: rabbia e disperazione, ecco cosa è successo
(Websource / archivio)

Lacrime e commossi applausi alla bara bianca del piccolo Giuseppe. Ma i parenti del padre naturale inveiscono contro la mamma.

Dolore, angoscia, ma anche tanta rabbia hanno segnato i funerali del piccolo Giuseppe, il bimbo di 7 anni ucciso dal compagno della madre con schiaffi e bastonate domenica scorsa a Cardito (Napoli). Nella gremita chiesa di San Giuseppe Sposo della Beata Vergine c’erano, oltre alla madre e al padre naturale del bambino (seduti in fila diverse nella chiesa, e senza degnarsi di uno sguardo), anche i sindaci di Pompei e di Cardito e altre figure istituzionali. All’arrivo della bara bianca la folla si è sciolta in un commosso applauso, ma non sono mancati momenti di tensione. Alcuni parenti del papà di Giuseppe hanno iniziato a inveire contro la donna, ma sono stati fermati dalle forze dell’ordine e invitati ad allontanarsi. 

Nell’omelia l’arcivescovo di Pompei, monsignor Tommaso Caputo ha parlato di una”folle abitudine al male” che “ci fa diventare indifferenti e ci impedisce di cogliere i momenti e le situazioni di crisi”. “Anche le istituzioni – ha aggiunto – fanno sempre più fatica ad approntare interventi adeguati e soprattutto a mettere in atto misure di prevenzione”.  E ancora: “Il dolore ci toglie il respiro. Ora serve il silenzio, silenzio che possa oltrepassare il frastuono, il clamore attorno alla morte di Giuseppe”. Ma “è necessaria più attenzione per il prossimo, più cura per chi è in difficoltà. È doveroso ora un sussulto di coraggio, per conoscerci e sentirci realmente fratelli, facendoci carico delle sofferenze degli altri. La forza può venirci da questo momento di preghiera e di fratellanza”.

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Il messaggio del vescovo al piccolo Giuseppe

Monsignor Tommaso Caputo si è poi rivolto al piccolo vittima di una morte così ingiusta: “Caro Giuseppe – ha detto – anche ad un sacerdote davanti all’altare possono venire meno le parole. Parole che non siano preghiere, quelle preghiere che ora ti avvolgono come carezze di cui tu hai diritto più di tutti”. “Non voglio farti mancare le parole che ti possono servire per capire il resto della vita che ti è stata estirpata – ha continuato – . Non puoi esserti affacciato al mondo per essere vittima della violenza, di attimi di follia di chi per le cause della vita si trovava sotto il tuo stesso tetto. La vita ti ha perduto e ci mostra il rimpianto e la consapevolezza di un male che diventa malessere. La tua morte è un irreparabile sfregio all’umanità”.

 Le offerte raccolte durante la celebrazione saranno destinate alle due sorelline di Giuseppe, che hanno ora davanti a sé un futuro non facile. La più grande, rimasta gravemente ferita durante l’aggressione, si trova tuttora ricoverata nell’ospedale pediatrico Santobono di Napoli, mentre la più piccola, di appena 4 anni, è ospitata in una casa famiglia che accoglierà anche la sorella maggiore non appena sarà dimessa. “Rivolgiamo un pensiero anche alle due sorelline – ha detto al riguardo l’arcivescovo di Pompei -, vittime anche loro della cieca violenza. Saranno loro, sottratte speriamo per sempre alla brutalità e all’aggressione, a sentire più di tutti la mancanza di Giuseppe e lo porteranno sempre nel cuore. La nostra preghiera è anche per loro, perché la vita possa sorridere loro”. 

La mamma di Giuseppe, visibilmente sconvolta e sorretta da due donne sue parenti, si è alzata dalla seconda fila e si è diretta verso la sagrestia passando dietro l’altare. Dopo di che ha lasciato la chiesa passando da un ingresso secondario, senza attendere l’uscita della bara bianca con la foto del piccolo Giuseppe su un lato, il volo di palloncini bianchi e il lancio di confetti. E’ stato questo l’ultimo saluto rivolto al piccolo, tra le lacrime commosse di una marea di gente, e in sottofondo un “perché” che non avrà mai risposta.

EDS

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