Pensioni: i contributi dei lavoratori non bastano, a rischio le pensioni dei giovani

Pensioni
(websource)

Il problema delle pensioni è sempre centrale in Italia, il cambio da pensioni retributive a contributive ha causato un calo degli stipendi mensili. Ad oggi i contributi dei lavoratori non coprono la spesa pubblica e le pensioni dei giovani sono a rischio.

Tra gli anni ’70 e ’80 le pensioni, permettevano ai lavoratori di ricevere un assegno pensionistico elevato che nella maggior parte dei casi superava anche lo stipendio mensile percepito durante gli anni di lavoro. Le pensioni erano calcolate con il sistema retributivo che permetteva al lavoratore di percepire un assegno mensile basato sull’ultimo stipendio. Negli anni ’90, per riequilibrare la situazione è stato inserito il sistema contributivo, ovvero il calcolo dell’assegno pensionistico in base ai contributi versati nel corso della propria carriera lavorativa. Il cambio sembrava poter permettere una ridistribuzione del denaro più equa, ma nel contempo il mondo del lavoro italiano si è guastato ed i cittadini italiani hanno perso la possibilità di avere un posto fisso in favore di lavoro precario, contratti a progetto, a tempo determinato e a chiamata.

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Pensioni: a rischio indigenza i giovani che entrano oggi nel mondo di lavoro

Dopo vent’anni di questa situazione si è arrivati in questo 2018 ad una situazione difficile da sistemare: secondo i calcoli dell’Inps, infatti, quest’anno i contributi dei lavoratori raggiungeranno i 227 miliardi di euro, mentre le spese per gli assegni pensionistici i 265 miliardi di euro. Questo è dovuto al fatto che i giovani faticano a trovare un lavoro prima dei 30 anni (in molti casi si devono accontentare di lavori a prestazione occasionale a cui non sono applicati contributi da versare) e chi giunto a quella soglia trova un lavoro è costretto ad accettare contratti a tempo determinato di 6 mesi / 1 anno che spesso non vengono rinnovati.

Questa situazione ha creato una frammentazione contributiva che porta oggi ad avere una spesa pubblica per le pensioni più alta rispetto a quanto percepito dallo stato con i contributi versati dai lavoratori. Il problema più grosso, però, è quello vissuto dai giovani lavoratori, i quali con questo sistema pensionistico non arriveranno a prendere la pensione o ne prenderanno una talmente esigua da restare in condizione di indigenza. L’unica soluzione per i giovani è quella di crearsi una pensione integrativa, ma come fanno se al massimo percepiscono uno stipendio da 900 euro mensili?

Il primo obiettivo di questo nuovo governo, dunque, è quello di creare un sistema lavorativo che permetta una maggiore flessibilità nella ricerca del lavoro, così da ovviare alla disoccupazione creata dai contratti a tempo determinato, dai lavori a progetto e dai contratti a chiamata. Inoltre è necessaria una riforma pensionistica concreta, le attuali riforme che prevedono il taglio delle pensioni d’oro ed il taglio dei vitalizi, infatti, sono solo un’operazione di facciata poiché permettono di recuperare solamente 400 milioni, nulla se rapportati ai 38 miliardi che mancano per coprire il buco pensionistico.

Massimiliano Sciarretta

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