Hai presente quel momento, tra Madrid e Barcellona, in cui il paesaggio scorre e il tempo si allunga appena oltre il necessario? Ecco, la Spagna dice che presto quel “quasi” potrebbe sparire: una promessa di velocità, precisione e un nuovo standard europeo sull’alta velocità.

L’asse Madrid–Barcellona è già un piccolo laboratorio di futuro. I convogli scivolano sulla rete Adif Alta Velocidad, i sedili sono pieni a ogni ora del giorno, le famiglie competono per la presa USB, gli schermi segnano 300 km/h con nonchalance. Fin qui, è la normalità spagnola. Ma la normalità, a volte, non basta.
I tempi migliori tra le due città si assestano attorno alle 2 ore e 30 minuti nei collegamenti diretti, con piccole variazioni a seconda del servizio. Sono dati che puoi verificare sugli orari di Renfe (AVE e AVLO), Ouigo España e Iryo: tre operatori, un’unica spina dorsale, concorrenza reale sui prezzi.
Il parco rotabili è di prima fascia: S103 (Siemens Velaro E) e S112 (Talgo 350) per Renfe, i TGV Euroduplex per Ouigo, i Frecciarossa 1000 (ETR1000) per Iryo. Tutti progettati per velocità di punta tra 320 e 350 km/h, anche se l’esercizio regolare in Spagna si ferma per lo più a 300–310 km/h.
La rete spagnola di alta velocità supera i 4.000 km: è la più estesa d’Europa. Ma esteso non significa definitivo. C’è margine.
Cosa cambia davvero
Qui entra l’annuncio: il ministro dei Trasporti ha indicato l’obiettivo di portare il Madrid–Barcellona in meno di 2 ore e di avviare uno studio di fattibilità, con tre anni di lavori stimati. Nota importante: al momento della stesura non risultano documenti tecnici pubblici dettagliati; finché non escono, i parametri di progetto restano dichiarazioni, non specifiche. Ma la direzione è chiara.
Come si fa a rosicchiare mezz’ora secca su un percorso così lungo? Le leve sono note agli addetti ai lavori:
- Incremento della velocità massima autorizzata su alcuni tratti a 330–350 km/h, con upgrade a ERTMS/ETCS avanzato e catenaria compatibile con esercizio stabile ad alta velocità.
- Razionalizzazione delle fermate e gestione dei sorpassi: più tracce “no‑stop”, eventuali bretelle di bypass per ridurre rallentamenti nei nodi.
- Materiale rotabile più rapido in accelerazione e frenata: i Talgo S106 “Avril” (omologati per 330–350 km/h) e i treni a trazione distribuita tipo ETR1000 offrono profili prestazionali utili sul punto‑punto.
- Micro‑interventi di geometria, armamento e segnalamento per limitare le “strozzature” a 200–250 km/h, che oggi pesano sul tempo complessivo.
Se l’obiettivo venisse centrato, i treni AV spagnoli si candiderebbero a essere i più rapidi d’Europa in servizio commerciale sul medio‑lungo raggio, non tanto per il picco di velocità quanto per la media sull’intero percorso. Sarebbe un upgrade misurabile: tempi sotto le 2 ore cambierebbero la scelta modale sull’asse più trafficato del Paese, con impatto su voli interni e emissioni. L’esperienza lo conferma: dove la media supera i 230–250 km/h, l’aereo perde terreno.
“Meno di 2 ore” su una tratta di questa lunghezza richiede una media altissima e un rigore operativo assoluto. Non è un colpo di marketing: è ingegneria più disciplina. La finestra “tre anni” dipende da cantieri, forniture, omologazioni e test ad alta velocità. Chi segue le vicende dell’Avril sa quanto le timeline possano muoversi.
Intanto, la Spagna parte avvantaggiata: concorrenza fra operatori, tecnologia ERTMS, parco treni moderno, domanda matura. Il resto è una scommessa che riguarda tutti. Se tra qualche anno alziamo lo sguardo dal finestrino e vediamo il Mediterraneo apparire prima del previsto, saremo pronti a crederci. La domanda è: cosa faremo con quel tempo guadagnato?





