Essere precisi è un conto, avere un disturbo ossessivo compulsivo un altro. La linea di demarcazione è molto sottile, come capire da che parte ci si trova?
Il disturbo ossessivo compulsivo non deve essere ignorato o sottovalutato. Mina la propria libertà mentale, gesto dopo gesto, e svuota la propria essenza. Pensieri, immagini, impulsi ricorrenti innescano ansia, disgusto, paure e obbligano ad agire in un determinato modo. Bisogna riconoscere la patologia ed evitare che si scatenino manie, fissazioni e ossessioni.

Il disturbo ossessivo compulsivo colpisce circa il 3% della popolazione e può esordire in momenti diversi della vita. C’è chi lo sviluppa già dall’infanzia e chi, invece, nella prima età adulta. In generale i sintomi appaiono prima dei 25 anni di età. Inizialmente si potrebbe confondere il DOC con un carattere preciso, ordinato e razionale. Se non individuato in tempo potrebbe aggravarsi, cronicizzare e portare a vere ossessioni e compulsioni.
Più dell’80% dei pazienti manifesta sia le une che le altre, meno del 20% solo ossessioni o solo compulsioni. Quel desiderio di tenere la scrivania perfettamente in ordine altrimenti non si può iniziare a studiare o lavorare, di allineare i libri in base all’altezza, di controllare tre volte se la macchina è stata chiusa, di lavarsi le mani subito dopo aver toccato un oggetto considerato sporco potrebbero nascondere un disturbo ossessivo compulsivo.
Come distinguere la precisione dal disturbo ossessivo compulsivo
Per capire se un’azione compiuta spesso e ripetutamente rivela un DOC bisogna rispondere ad una domanda. Agisci così perché ti piace o perché nel farlo ti senti più tranquillo? Una buona abitudine diventa un comportamento ossessivo compulsivo se nel momento in cui non si mette in atto scatena ansia, frustrazione, angoscia e non si riesce a pensare a nient’altro che a svolgere quell’azione.

Questo perché i comportamenti ripetuti e conosciuti riescono a calmare l’ansia istantaneamente ma pian piano saranno sempre più indispensabili proprio perché non si conoscerà altro modo di gestire l’ansia. Se ad un bambino che piange si dà della cioccolata per farlo calmare la volta dopo quel bambino piangerà ancora più forte perché sa che gli verrà data della cioccolata. Il cervello agisce nella stessa maniera. Dagli psichiatri viene chiamato rinforzo negativo. Quel particolare gesto calma l’ansia, il cervello così impara che solo quel rituale permette di sopravvivere.
Come capire se si sta arrivando al punto del non ritorno? Quando le azioni ripetute diventano regole di comportamento da seguire ad ogni costo anche se gli osservatori esterni fanno notare che sono eccessive e bizzarre e sono finalizzate a contenere un disagio emotivo legato a pensieri o impulsi incontrollabili. Provate a saltare un rituale, una, due, tre volte. Se non ci riuscite meglio consultare uno specialista.





