Attento a quello che fai nel weekend: ora anche la vita privata può costarti il lavoro, dice la Cassazione

Un dipendente è stato licenziato semplicemente per le sue passioni calcistiche fuori dal lavoro: perché la Cassazione ha dato ragione al datore di lavoro.

Tra le certezze che un dipendente ha sempre avuto nel mondo del lavoro, c’è proprio quella che la vita privata non debba interferire con quella professionale. Giudicare una persona per ciò che fa nel tempo libero – o peggio, licenziarla – è sempre stato considerato non solo illegittimo, ma anche discriminatorio. Ma questo caso non riguarda figli, orientamenti o idee politiche. Qui la Cassazione ha dato ragione a un’azienda che ha licenziato un dipendente per la sua condotta nel tempo libero.

Dipendente disperato seduto sulle scale fuori dall'ufficio dopo il suo licenziamento
Attento a quello che fai nel weekend: ora anche la vita privata può costarti il lavoro, dice la Cassazione – viagginews.com

Secondo quanto emerso, la reputazione aziendale può essere influenzata anche dai comportamenti del dipendente al di fuori dell’orario lavorativo. E sì, perfino ciò che si fa nel weekend può diventare rilevante.

Così, con la sentenza n. 24100/2025, la Corte di Cassazione ha ridefinito i confini tra sfera privata e professionale: quello che accade fuori dall’ufficio – vacanze comprese – può diventare un valido motivo di licenziamento. Un caso a sé, che apre la porta a dinamiche rimaste troppo a lungo nell’ombra.

Licenziato un ultras dall’azienda dove lavorava: la Cassazione conferma il provvedimento

Il protagonista di questa vicenda è un dipendente con una grande passione per il calcio – e purtroppo anche per gli eccessi del tifo organizzato. Durante il weekend, lontano dall’ufficio e dal contesto lavorativo, ha preso parte a manifestazioni sportive finite nel peggiore dei modi. È stato identificato, condannato e infine licenziato. Ma il colpo di scena è arrivato solo dopo: la Corte di Cassazione, ha dato piena ragione all’azienda, sottolineando un principio tanto discusso quanto definitivo.

Giudice che firma la sentenza. Martello in primo piano
Licenziato un ultras dall’azienda dove lavorava: la Cassazione conferma il provvedimento – viagginews.com

Secondo i giudici, la fiducia tra datore e dipendente può venir meno anche per comportamenti che avvengono nella sfera privata. Se l’integrità morale viene compromessa – soprattutto quando ci sono condanne penali – non conta più dove e quando si è agito, ma il danno d’immagine e la perdita di credibilità. Nel caso specifico, la condanna riguardava episodi violenti contro forze dell’ordine e istituzioni: un comportamento ritenuto incompatibile con qualsiasi ruolo professionale.

L’azienda, che inizialmente non aveva preso provvedimenti, ha aspettato il momento giusto: ha agito solo dopo la condanna definitiva. Una strategia giudicata corretta, anzi responsabile. Il dipendente ha tentato di difendersi parlando di discriminazione, sostenendo che altri colleghi non erano stati puniti per casi simili. Ma la Cassazione è stata netta anche su questo: per parlare di disparità servono prove identiche in tutto e per tutto. E lui, semplicemente, non le aveva.

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