I ciechi di “cuore” non vedono le bellezze della natura, l’antica usanza che cura le ferite dell’anima, è speciale.
Molti credono che per stare bene basti pensare a sé stessi, ma questa considerazione non basta ed è fallimentare, perché per stare davvero in uno stato di pace, è necessario vivere un processo di scoperta di sé e del proprio percorso di vita, non indifferente. Dietro ad un discorso così complesso però, ci sono migliorie “semplici”. Lo testimonia l’antica usanza che cura le ferite dell’anima.

Anche se molti lo nascondono, o peggio non lo vogliono proprio riconoscere, le ferite dell’anima sono vissute dalla maggior parte delle persone. Si tratta di disagi e malesseri di natura psicologica e che in certi casi, in relazione alla problematica in questione, ricadono anche sul fisico.
Evidenziato una questione come quella dell’ansia generalizzata e della depressione, e anticipato il fatto che davanti patologie di questa portata bisogna sempre chiedere aiuto ad un professionista della mente, si scopre che l’uomo è in realtà in piena connessione con la natura, in essa trova tante soluzioni.
Nonostante gli esseri umani facciano più male che bene all’ambiente, si può mediante questa antica usanza, riscoprire qualcosa di speciale, che connette con il mondo, ma soprattutto contribuisce nel percorso di pacificazione del sé.
L’antica usanza che cura le ferite è il consiglio della nonna più conosciuto
Stare bene con sé stessi non è facile, specie nei tempi moderni in cui tutti sono calati nel becero individualismo, ma c’è in una “solitudine produttiva”, la possibilità di riprendersi quel pezzettino di vita che spesso ci si dimentica di avere, e che è forza, energia, soprattutto rinascita.

Parlare di malattie della mente non è facile e non è di certo questa la sede opportuna, ma sapere di poter chieder aiuto ad un professionista, e di poter riallacciarsi al mondo senza dissociarsi, dona speranza. Tutto cala ciò nell’esperienza, nella riscoperta della natura, e dei suoi semi più preziosi.
L’iperico è una pianta anche nota come erba di San Giovanni, ed anche solo passeggiare in un campo con i suoi fiori gialli, risolleva l’umore, ma di norma va ingerito in trattamenti ad hoc. È spesso trattato per la depressione e i disturbi dissociati come ansia, stanchezza, complicanze con il sonno e problemi di appetito. Anche se ci sono palpitazioni, cambiamenti dell’umore, o disturbi da deficit dell’attenzione/iperattività, disturbo ossessivo-compulsivo o menopausa.
Persino chi è sotto un esaurimento nervoso ne può giovare, infine pure chi vuole smettere di fumare e ha emicranie. Questo perché le sue proprietà intervengono nel sistema di neurotrasmettitori che controllano l’umore. L’ipericina e l’iperforina sono i principi attivi che agiscono.
Si assume via orale, prendendo i suoi fiori e foglie, ma esiste anche l’olio per trattare dolori muscolari, ustioni, punture d’insetto, e dolore di origine nervosa. Dalla Grecia Antica fino al Medioevo, viene utilizzato ancora oggi. Ovviamente, prima di assumere qualsiasi farmaco, bisogna chiedere al proprio medico e psicologo, da qui la possibilità di una concreta ripresa, dà speranza.