Giornata della Memoria, Gaia Servadio: “Le scuse dei Savoia non contano”

Gaia Servadio: “La Giornata della Memoria è un conforto, ma le scuse di Emanuele Filiberto non contano niente”

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La Giornata della Memoria

La giornata della memoria è alle porte. La terribile deportazione degli Ebrei, che secondo una stima ne ha causato lo sterminio di sei milioni, viene ricordata questa settimana. La giornata cade il 27 gennaio di ogni anno. Ricordare l’orrore è un dovere perchè non si dimentichi cosa l’uomo è stato capace di fare decenni fa, non secoli. Il ricordo è importante soprattutto per chiedersi come sia stato possibile che tanta gente pensasse che fosse necessario questo orrore. Per l’occasione Huffpost ha intervistato la scrittrice, saggista e giornalista Gaia Servadio. L’intervista parte subito con le scuse di Emanuele Filiberto di Savoia, erede della casata che ha firmato le leggi razziali: Aver avuto i Savoia è stata una disgrazia”, ci dice a telefono Gaia Servadio. “Avrebbero firmato qualsiasi cosa e di fin troppe cose sono stati colpevoli”. Le scuse del principe? “Non è che contino molto, non contano niente”.

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Giornata della Memoria, parla la giornalista e scrittrice Servadio

Poi un passaggio interessante sul significato della Giornata della Memoria: “Per me è stato – e ogni anno che passa lo è – un conforto. È molto facile dimenticare come voler dimenticare, quindi una giornata simile, seppur simbolica, è necessaria per tutti gli ebrei e non solo, per chi non sa e deve sapere. Aveva ragione Primo Levi quando diceva che pecca di più chi nega di chi ha fatto: chi ha ucciso fisicamente è più sopportabile di chi negava e di chi nega, di chi non voleva e non vuole sapere”. 

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Poi un passaggio anche sul suo ultimo libro, intitolato “Giudei”, in uscita tra pochi giorni. Il libro fa ampio riferimento all’esperienza personale e della famiglia della giornalista e scrittrice: “Ho sempre detto quello che ritenevo giusto dire. Poi, si sa: la cosa importante è come uno dice le cose. In ogni caso, penso che sia più facile dirle in un romanzo”.

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