Coronavirus, Galli: “Il virus è sempre lo stesso, rispettare semplici regole”

L’infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli, sul Coronavirus: “Il virus è sempre lo stesso, non è cambiato”, quindi detta le regole.

“Il virus è sempre lì ed è sempre lo stesso”, lo afferma Massimo Galli, direttore della terza divisione di malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, lanciando così nemmeno troppo indirettamente l’invito a non abbassare la guardia.

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Spiega l’infettivologo: “Al San Raffaele Pisana l’epidemia c’è già stata, i miei colleghi all’ospedale Tor Vergata hanno dei casi di persone intubate, in cui la malattia è sempre quella che era”. I casi al San Raffaele sono stati 112, cinque le vittime.

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Le regole del professor Galli sull’emergenza Coronavirus

(ISABEL INFANTES/AFP via Getty Images)

Galli per questo spiega che bisogna stare in guardia: “Non diciamo fanfaluche: il virus è quello che è, e nel momento in cui infetta la persona giusta, e cioè quella con i fattori di rischio particolari, la porta fino alle condizioni in cui ha portato le persone all’inizio dell’epidemia. Per cui speriamo soltanto nel fatto che il distanziamento sia stato sufficiente, nel periodo in cui è avvenuto per rendere estremamente più limitato il rischio di una ulteriore ripresa dell’epidemia”.

L’infettivologo insiste: “Le regole di contenimento sono importanti, ma alcune di queste regole sono state talmente enfatizzate ed estremizzate, soprattutto quelle che hanno riguardato la riapertura di molti esercizi pubblici, da essere diventate difficilmente applicabili. E rendendole difficilmente applicabili, hanno perso mordente e significato. Stare distanziati e usare la mascherina è relativamente semplice da fare. Invece per andare al bar o al ristorante, ad esempio, si devono seguire delle regole estremizzanti, al limite dell’applicabilità”. Conclude chiedendo “meno regole ma che siano rispettate”, ovvero “distanziamento, mascherine e igiene delle mani”. Insomma, “ha più senso un tampone in più o un test sierologico in più che, soprattutto in questa fase, lastricare di plexiglas il mondo”.

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