Coronavirus, nuovo studio: ecco quanto tempo rimane sulle superfici

Secondo un nuovo studio, il Coronavirus può restare sulle superfici dai 3 secondi ai 2 minuti. Ma con l’aumento delle temperature i tempi si riducono. 

Da 3 secondi a un massimo di 2 minuti: questo l’intervallo di tempo in cui il Coronavirus può sopravvivere sulle superfici, finché le goccioline di saliva – o droplet – che lo contengono non evaporano. Un tempo che varia anche in funzione dei materiali ed è inversamente proporzionale alla temperatura. A confermarlo è una ricerca pubblicata sulla rivista Physics of Fluids e condotta in sei città in tre diversi continenti: America, Asia e Australia.

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L’effetto del calore sul Coronavirus

Secondo lo studio in questione, coordinato da Rajneesh Bhardwaj e Amit Agrawal dell’Istituto indiano di tecnologia di Bombay, la sopravvivenza e la trasmissione del Coronavirus sono direttamente legate al tempo in cui le goccioline di saliva restano intatte. Il che, ha osservato Bhardwaj, può “spiegare la diffusione lenta o rapida in una particolare città”. Probabilmente non è l’unico fattore in gioco, “ma sicuramente influisce sul tasso di crescita dell’infezione“.

Ebbene, il calore, facendo asciugare più in fretta le goccioline, riduce le possibilità di sopravvivenza del Coronavirus. Va da sé che l’umidità ha un effetto uguale e contrario. Mettendo a confronto un ambiente interno con aria condizionata a 25 gradi e uno esterno con 40 gradi, i ricercatori hanno appurato che nel primo caso le goccioline evaporano in 6 secondi (27 secondi per quelle di grandi dimensioni), mentre nel secondo il tempo di evaporazione si riduce del 50%. Se il tasso di umidità passa dal 10% al 90%, invece, il tempo che la gocciolina impiega a evaporare aumenta di quasi 7 volte, superando i 2 minuti per il droplet più grande. Gli abitanti delle zone costiere e delle regioni asiatiche dove, tra luglio e settembre, arriveranno i monsoni sono avvisati.

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