Epidemia Coronavirus, la virologa: “Vaccino? Non prima di fine anno”

La virologa Ilaria Capua scrive alcune riflessione sul ‘Corriere’ riguardanti il Covid-19. Il vaccino sarà importante, ma prima bisogna convivere col virus.

In questi due mesi di emergenza sanitaria causata dal Coronavirus abbiamo imparato che cosa significa avere a che fare con una nuova malattia. Del virus che sta piegando il mondo, infatti, non si conosceva nulla ed in questi mesi sono spuntate più domande che certezze. La virologa Ilaria Capua sul ‘Corriere’ fa il punto della situazione e su quanto scoperto sinora.

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Sappiamo di non sapere: i numeri del contagio, infatti, sono incerti. Questo perché i tamponi sono stati effettuati solo su una parte della popolazione e le procedure non sono armonizzate. Infatti, sottolinea l’esperta: “Ogni stima è soltanto una stima e come tale intrinsecamente sbagliata — bisogna solo capire di quanto”. Un’altra certezza riguarda il fatto che al momento non c’è una cura e le misure messe in atto servono a limitare la circolazione del virus, non a bloccarla.

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La virologa spiega: “Dobbiamo imparare a convivere con il virus”

L’altra grande certezza, purtroppo, sono le tempistiche lunghe della creazione e della diffusione di un vaccino: “La panacea, il vaccino che di certo non sarà disponibile almeno fino alla fine dell’anno. Non sappiamo né quanto ce ne sarà né se poi gli italiani lo utilizzeranno, visti i precedenti. Incertezza sull’incertezza“. Lo stesso discorso vale per i farmaci. Ce ne sono alcuni che aiutano nella cura e che vengono testati, ma al momento non sono di sicura efficacia: “Sappiamo che ci sono diversi farmaci e protocolli terapeutici innovativi che ci permettono di affinare la cura, ma non credo proprio che si arriverà in tempi brevi a una commercializzazione nelle farmacie ma piuttosto verranno usati per i pazienti ricoverati”.

Il quadro così delineato ci porta dinnanzi ad un futuro prossimo atipico, in cui si deve provare a ripartire con cautela. In attesa dello sviluppo di una immunità naturale, di gregge o di vaccino, infatti, bisognerà adattarsi. La virologa infatti scrive: “È questione di adattare quello che sappiamo sulla prevenzione del Covid-19 alla nostra vita quotidiana per evitare di finire in ospedale noi stessi e fare in modo che non ci finiscano i nostri cari. Perché l’obiettivo prioritario del Paese deve essere quello di far tornare gli ospedali a regimi gestibili, e di recuperare l’arretrato. Non possiamo permetterci un’altra catastrofe con le bare nelle palestre e i morti che non si riescono più a contare. Per forza di cose dovremo ripensare ai nostri regimi organizzativi ed intrattenitivi. Arriveranno grandi cambiamenti sul fronte lavoro che dobbiamo essere pronti ad accogliere con una mentalità nuova, diversa”.

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