Annamaria Franzoni, perché fu condannata: un giallo lungo 17 anni

Annamaria Franzoni
Il caso di Annamaria Franzoni, una vicenda lunga 17 anni (websource/archivio)

La vicenda di Annamaria Franzoni e del Delitto di Cogne, con la morte del piccolo Samuele di 3 anni, si è trascinata per lungo tempo. Lei la sola imputata.

È tornata definitivamente in libertà Annamaria Franzoni. È diventato celebre il Delitto di Cogne avvenuto il 30 gennaio 2002 con la morte del piccolo Samuele di soli 3 anni. Un infanticidio che ha visto poi la donna di origini bolognesi ricevere una condanna definitiva a 30 anni di carcere, dopo diverse tappe giudiziarie. Per il Tribunale di sorveglianza di Bologna ora è una donna libera, con tre mesi di anticipo rispetto alla data prevista. A favore di Annamaria Franzoni hanno giocato i permessi accumulati per buona condotta. Si trovava ai domiciliari dal 2014, trascorsi a Ripoli Santa Cristina, sull’Appennino bolognese. Il primo arresto nei suoi confronti avvenne il 14 marzo 2002, dopo che gli inquirenti ricostruirono una prima dinamica di quanto avvenuto esaminando tutti gli indizi raccolti. In tale circostanza la detenzione durerà due sole settimane, con la difesa presieduta da Carlo Federico Grosso, ex vicepresidente del Csm, che fu in grado di ottenere la scarcerazione per “mancanza di indizi”. La Procura di Aosta però ricorse in Cassazione vincendo il 10 giugno 2002. La difesa della Franzoni venne affidata all’avvocato Carlo Taormina.

Annamaria Franzoni, la prima condanna nel 2004

Tra una vicissitudine giudiziaria e l’altra, per il processo di primo grado con rito abbreviato occorre aspettare il 19 luglio 2004, quando il giudice la condanna a 30 anni di carcere. Taormina non si dà per vinto e punta su una tesi ben precisa: “L’assassino è qualche vicino di casa”. La Procura di Torino, chiamata in causa, sospetta un inquinamento della scena del delitto e da qui nasce l’inchiesta Cogne-bis, che comunque si chiuderà con l’accusa alla sola Annamaria Franzoni a due anni per il reato di calunnia. Ma ci vorrà parecchio tempo con tutta una serie di proscioglimenti nel mezzo per giungere a questo esito. Intanto il 16 novembre 2005 si svolge il processo d’Appello per l’esito sfavorevole di primo grado. Passa un altro anno, tra testimonianze e perizia psichiatrica sull’imputata, e nel mentre Taormina il 20 novembre 2006 si dimette. Entra in scena quindi la legale Paola Savio, che a tutt’oggi continua ad assistere la Franzoni. Il 27 aprile 2007, all’ennesimo appuntamento in tribunale, arriva ancora una volta una condanna per la donna. La pena da 30 passa però a 16 anni per diverse attenuanti. Ed il 21 maggio 2008 la Cassazione conferma la sentenza in Appello.

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La Franzoni torna in libertà in anticipo

Per la Franzoni, che oggi ha 48 anni ed è madre di altri due bambini (uno dei quali nato un anno dopo la morte di Samuele), si spalancano le porte del carcere di Bologna. Nel 2014 poi arrivano i domiciliari. In tutto questo tempo il marito Stefano Lorenzi le è sempre stato accanto, credendo nella sua innocenza. Ed anche lei si è professata più volte innocente ed estranea ai fatti. Ora torna in libertà in via definitiva con 5 anni di anticipo. Queste le versioni di accusa e difesa, che hanno visto nel corso del tempo prevalere la prima, per i giudici. La Franzoni avrebbe ucciso Samuele inginocchiata sul letto e mentre indossava il pigiama. In questa posizione il sangue del piccolo avrebbe imbrattato una minima parte delle coperte. Invece per la difesa il responsabile è qualcuno che si era intrufolato nella villetta di Cogne mentre tra le 8:16 e le 8:24 la Franzoni accompagnava l’altro figlio alla fermata del bus. Gli indumenti di lei, sporchi di sangue, si trovavano sul letto e per questo si erano macchiati.

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