Quarto Grado, Gianluigi Nuzzi: “Nelle mie inchieste amo rompere i Tabù”

Quarto GradoQuarto Grado: Gianluigi Nuzzi spiega in un’intervista concessa a ‘Tv Sorrisi e Cazoni’ che il segreto delle sue inchieste consiste nel rompere i tabù.

Conosciuto dal grande pubblico per il suo ruolo di conduttore a ‘Quarto grado‘ (seguitissimo programma d’inchiesta giornalistica in onda su Rete 4), Gianluigi Nuzzi è prima di tutto un giornalista d’inchiesta conosciuto anche fuori dall’Italia. Alcuni dei suoi libri-inchiesta, infatti, sono stati tradotti in più lingue ed hanno venduto milioni di copie in tutto il mondo. Interessata a conoscere il segreto del suo successo ‘Tv Sorrisi e Canzoni‘ è andato ad intervistare il conduttore per conoscere qual è il suo segreto.

Il primo segreto di Nuzzi è la passione, il giornalista ha cominciato ad occuparsi di notizie sin da quando era bambino e riportava alcuni articoli del ‘Corriere’ per vendere il suo giornale ai genitori e parenti, poi durante l’adolescenza è nata la passione per i processi e per i casi irrisolti: “Al liceo ‘bigiavo’ per andare in tribunale ad assistere ai grandi processi. Spacciandomi per giornalista mi intrufolavo nelle aule del tribunale e mi sedevo con i ‘colleghi'”.

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Gianluigi Nuzzi: “A Quarto Grado cerchiamo storie che possano interessare un gran numero di persone”

In seguito il conduttore ha spiegato che nelle sue inchieste cerca di trovare degli elementi che possano oltrepassare determinati confini: “Mi interessano quelle dove si rompe un tabù. Quando mi fermano per strada c’è chi mi fa i complimenti per il coraggio, un elemento che io inizialmente non capivo. Il tabù infranto era stato andare a occuparsi delle finanze vaticane, del denaro. Noi diamo un’offerta a uno Stato che vive di quello, ma non ne rende conto”. A Quarto Grado invece il criterio di selezione è decisamente differente, si punta su casi di cronaca irrisolti che possano attirare l’interesse del maggior numero di persone possibile: “Cerchiamo storie ‘larghe’, che interessino una fetta importante di pubblico e storie di forte intensità emotiva. E poi ci vogliono le immagini. Puoi avere una bellissima storia, ma se non ha le immagini e dei suoni, non puoi raccontarla”.

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