Massimo Bossetti in adorazione al cospetto di papa Giovanni XXIII

Massimo Bossetti in adorazione al cospetto di papa Giovanni XXIII
(Ansa)

Massimo Bossetti ha fatto visita alla teca contenente la salma di papa Giovanni XXIII, giunta nel carcere di Bergamo.

La salma del “Papa buono” Giovanni XXIII è stata trasportata dalla Città del Vaticano alla città di Bergamo dove resterà fino a giorno 10 giugno a disposizione dei fedeli, prima di passare per Sotto il Monte Giovanni XXIII (cittadina a lui intitolata). Tra le tappe del ritorno della salma nella città natale c’è stata anche quella al carcere del capoluogo bergamasco dove ha sostato per un’ora. A rendere omaggio, pregare e chiedere la grazia al “Papa Buono” si sono presentati circa 200 detenuti, tra i quali spiccava Massimo Bossetti, il muratore accusato dell’omicidio di Yara Gambirasio.

Massimo si è presentato al cospetto della teca e dopo aver osservato da vicino Giovanni XXIII ha poggiato la mano destra sulla teca in segno di adorazione. Probabile che in quegli istanti il muratore abbia chiesto la grazia, questo infatti ha sempre dichiarato di essere innocente e non ha mai cambiato versione nonostante le prove trovate sul corpo della ragazza lo incastrassero come rapitore, molestatore e uccisore di Yara.

Massimo Bossetti: il DNA e la condanna all’ergastolo

Sin dai primi giorni, le ricerche di Yara Gambirasio hanno attirato un’attenzione mediatica enorme. La svolta nel caso si è avuta quando nel 2014, attraverso una serie di test si è arrivati alla corrispondenza tra il dna trovato nelle mutandine della bambina e quello di Massimo Bossetti. Dopo tre anni di processo il muratore è stato condannato all’ergastolo per omicidio con aggravante di crudeltà. L’imputato si è sempre dichiarato innocente e tramite il suo legale ha fatto ricorso in appello sulla decisione della corte di Cassazione. In quella occasione la difesa ha provato a dimostrare che il corpo Yara è stato spostato nel luogo del ritrovamento molto dopo la morte e che il dna di Bossetti è stato messo in secondo momento. La corte d’appello ha rigettato la tesi difensiva e confermato la sentenza della corte di Cassazione.

Impostazioni privacy