Incredibile naufragio in stile Cast Away

Tom Hanks in Cast Away
Tom Hanks in Cast Away

Un naufragio incredibile è quello che ha avuto per protagonista un salvadoregno, uscito con la sua barca per una battuta di pesca nell’Oceano Pacifico e ritrovatosi come Tom Hanks nel famoso film Cast Away. Naufrago su un atollo sperduto.

È quello che è successo a Josè Salvador Alvarenga, che il 21 dicembre del 2012 era partito dalle coste del Messico sull’Oceano Pacifico per andare a pesca, accompagnato da un giovane aiutante, Ezequiel Cordoba. L’uscita in mare avrebbe dovuto durare appena un giorno, si è invece trasformata in un’odissea di 15 mesi.

Mentre stavano pescando, Alvarenga, all’epoca 37enne, e il suo aiutante Cordoba sono stati sorpresi da un‘improvvisa tempesta che li ha trascinati alla deriva. La sfortuna ha voluto che anche il motore della loro barca avesse dei problemi, a causa di un’avaria. Per i due pescatori è stato impossibile fare ritorno a terra. Sono stati a lungo trasportati dalle correnti, finché non hanno raggiunto lo sperduto e disabitato atollo di Ebon, 6.700 miglia di distanza dalla costa messicana da dove erano partiti. Una distanza spaventosa.

Durante il naufragio il giovane Ezequiel Cordoba è morto. Alvarenga ha raccontato che il suo aiutante si è fatto sopraffare dalla disperazione, rifiutando di mangiare pesci e carne d’uccello cruda e di bere urina e sangue di tartaruga. Condizioni estreme a cui due naufraghi sono stati obbligati per sopravvivere, proprio come accade al naufrago Tom Hanks nel film Cast Away.

Dopo la morte di Cordoba, Alvarenga ha detto di avere tenuto per qualche tempo il corpo del compagno di sventure con sé, per avere “compagnia”, ha raccontato. Una scelta macabra dettata evidentemente dalla durezza della condizione e dalla solitudine. Finché il salvadoregno non ha gettato il copro del giovane aiutante nell’Oceano

Su questa versione dei fatti si sono però sollevate delle ombre. Secondo la famiglia di Cordoba, infatti, il giovane sarebbe stato vittima del cannibalismo di Josè Salvador Alvarenga. Forse, una volta morto, Alvaregna può aver ceduto a mangiare i resti del proprio compagno per non soccombere alla fame, come del resto è accaduto in passato in diversi tragici naufragi o come nell’incidente aereo sulle Ande negli anni ’70, quando i sopravvissuti furono costretti a cibarsi del corpo dei loro compagni morti.

Per questo motivo, la famiglia di Cordoba ha chiesto a Josè Salvador Alvarenga un risarcimento da un milione di dollari. Ma il Salvadoregno accusa i familiari del ragazzo di voler speculare sulla vicenda.

Il naufragio si concluse con il ritrovamento e il salvataggio di Alvarenga il 30 gennaio 2014, dopo 15 mesi trascorsi in mare aperto, molti dei quali in solitudine.

Della vicenda si parla in questi giorni per via dell’uscita di un libro, scritto da un giornalista del Guardian, che racconta l’eccezionale e incredibile naufragio. Proprio per questo, l’avvocato di Josè Salvador Alvarenga ha accusato la famiglia di Ezequiel Cordoba di voler guadagnare sui ricavi della vendita del libro, che, immaginiamo, saranno piuttosto elevati vista l’eccezionalità della vicenda.

Valeria Bellagamba

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