Il Fisco può prendere come prova ciò che condividiamo sui social per dimostrare che evadiamo le tasse o raggiriamo il sistema.
Al giorno d’oggi tutti, o quasi, pubblichiamo ciò che accade nella nostra vita sui social. È un riflesso spontaneo, un’abitudine. Questo avviene specialmente quando si va in vacanza. Lì partono selfie, panorami mozzafiato e qualche sfizio talvolta lussuoso. Bene, se siete tra coloro che fanno tutto questo ma con qualche scheletro nell’armadio, vale la pena cambiare – o quanto meno modellare – le proprie abitudini.

Ricordiamoci sempre che, come cita l’articolo 11 del Dlgs 74, “Commenti e immagini postati su Facebook possono assumere valore confessorio ed essere utilizzati dalla pubblica accusa per dimostrare la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte”.
Dunque sì, pare esserci una minaccia anche per loro che, per esempio, percepiscono l’Assegno di Inclusione ma postano le vacanze alle Maldive, e anche per chi si è dato per divorziato sulla carta ma, nella realtà, vive insieme una quotidianità rosea e appagante. Perché a pensarci è logico, ma l’ultimo caso dimostra che non è solo teoria. Il Fisco ha infatti incastrato una giovane coppia, che ora si ritrova a dover pagare un’ingente sanzione.
Il Fisco può usare anche i post su Facebook per incastrarci
Questa volta la Cassazione è stata chiarissima: quello che pubblichiamo sui social può diventare una prova concreta per dimostrare che stiamo truffando il Fisco. È successo davvero, con una sentenza depositata il 28 febbraio 2025. A finire nei guai è stata una coppia di Torino, ufficialmente separata e poi divorziata, ma in realtà ancora convivente e con un tenore di vita ben distante da quello dichiarato.

I due avevano messo in piedi un piano apparentemente perfetto: lui aveva trasferito alla (finta) ex moglie un immobile a titolo di mantenimento, poi avevano intestato una Porsche alla suocera e un’altra auto era stata acquistata in contanti ma intestata a lei. Tutto questo con un debito fiscale di quasi 500.000€ appena notificato.
A far saltare il castello sono stati proprio i social. Foto romantiche in vacanza, commenti affettuosi da parte di amici e parenti, frasi come “ex moglie, ma sempre la mia compagna” hanno mostrato una quotidianità di coppia che contraddiceva totalmente la versione ufficiale. A confermare tutto ci ha pensato anche la Guardia di Finanza, che ha documentato appostamenti e frequentazioni notturne nella casa della donna, mentre il marito non è mai stato visto nella sua presunta nuova residenza.
Risultato? Condanna confermata. Perché quando si usano trucchi, prestanomi e separazioni fasulle per evitare di pagare il dovuto, anche una foto su Facebook può essere una prova reale e, soprattutto, validante.