Alessandra Capone, muore la ballerina attivista nella lotta contro il cancro

E’ morta Alessandra Capone, la ballerina di flamenco famosa per essere un’importante attivista nella lotta contro il cancro al seno. A sconfiggerla è stato proprio il suo peggior nemico.

Alessandra Capone, ballerina di flamenco e famosa attivista simbolo della lotta contro il cancro, è morta nella notte tra il 13 e il 14 agosto all’età di 48 anni. A sconfiggerla è stato proprio il suo nemico peggiore, il cancro al seno, contro il quale Alessandra ha lottato senza arrendersi per dieci lunghi anni. La ballerina è morta all’ospedale di Tarquinia, dove si trovava ricoverata da due giorni. Dal 12 agosto scorso sul suo profilo Facebook venivano pubblicati aggiornamenti sul suo stato di salute. Uno di questi spiegava: “Come sapete, per vari motivi, questa estate è difficile, ma Ale continua come sempre la sua lotta di resilienza. Rientrata da Francoforte, è stata ricoverata per un piano di alimentazione che la rimetta in sesto e in forze. Ora ha bisogno di pensieri positivi e di tutte le parole di incoraggiamento e incitamento con cui l’avete sempre sostenuta. Magari le leggerà a breve e sappiamo che le daranno tanta forza”. Il post era firmato “gli amici di Alessandra”, che speravano davvero di poter riconsegnare il profilo alla donna non appena si fosse sentita meglio.

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Addio ad Alessandra Capone

A distanza di soli due giorni dalla pubblicazione di quel messaggio, però, è arrivata la drammatica notizia della morte. “Non avremmo mai voluto darvi questa notizia. Noi per primi e per prime non riuscivamo a pensarci fino a qualche ora fa. La nostra Alessandra ha smesso di ballare, almeno in questa vita, stanotte. Grazie a tutti e tutte per il sostegno che non è mai mancato. Le amiche e gli amici di Ale”, si legge nell’ultimo messaggio pubblicato su Facebook. Alessandra era ed è considerata un simbolo nella lotta contro il cancro grazia alla sua tenacia e alla sua consapevolezza. Dopo la diagnosi di tumore al seno con metastasi, si è sottoposta ad un costoso trattamento alla Klinikum der Johann Wolfgang Goethe-Universität di Francoforte, dove ha iniziato a raccontare la sua storia per poter raccogliere fondi utili alla cura.

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