Aborto Farmacologico in day hospital fino a 9 settimane: l’Italia si divide

Il ministro della Salute ha annunciato che sarà possibile effettuare l’aborto farmacologico in day hospital fino a 9 settimane di gravidanza.

La legge sull’interruzione di gravidanza (art 194) è in vigore dal 22 maggio del 1978. Sulla questione l’Italia è sempre rimasta divisa, tra chi ritiene l’aborto un diritto della donna e chi, per ragioni principalmente religiose, lo ritiene un crimine contro natura. Nuove polemiche sono nate quando nel 2010 è stata introdotta in Italia la RU486, pillola che permette l’interruzione di gravidanza senza necessità d’intervento chirurgico. Con l’introduzione del farmaco è stata prevista una procedura di ricovero, inoltre è stato stabilito che fosse possibile effettuare l’aborto sino alla settima settimana di gestazione.

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Qualche giorno fa il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha comunicato un cambiamento sulla legge riguardante l’aborto farmacologico. Il contenuto di questa modifica lo si legge in un suo tweet: “Le nuove linee guida, basate sull’evidenza scientifica, prevedono l’interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico in day hospital e fino alla nona settimana. È un passo avanti importante nel pieno rispetto della 194 che è e resta una legge di civiltà”.

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Aborto farmacologico, l’Italia si divide

L’annuncio del ministro è stato accolto favorevolmente dalla sinistra italiana, che ritiene la possibilità di completare la procedura in totale riservatezza un passo in avanti nella tutela dei diritti delle donne. La senatrice Loredana De Petris di Leu ad esempio ha commentato: “un passo avanti fondamentale sulla strada della civiltà”. Dello stesso avviso anche la Boldrini che dopo l’annuncio di speranza ha scritto: “Ora in Italia l’IVG con Ru486 si può fare senza ricovero, come in altri paesi UE”.

Di diverso avviso Giorgia Meloni, che sulla nuova direttiva ha commentato: “balzo indietro per le donne e non un passo in avanti verso una maggiore ‘libera autodeterminazione femminile’ come vuol far credere la sinistra”. La leader di FdI ritiene da irresponsabili non considerare i rischi di una simile procedura sia a livello fisico che psicologico. Sulle possibili e protratte complicazioni fisiche si è espresso anche il giurista Alberto Gambino: “Consentire invece che la pillola Ru486 sia somministrata in ospedale e poi la donna possa uscirne ed espellere l’embrione-feto in privato e in totale solitudine, con rischi di gravi e fatali emorragie, è un modo per ridurre la portata della norma di garanzia per la donna”.

Di quelle psicologiche ha invece parlato in un post Facebook in risposta all’annuncio di Speranza, Don Giovanni D’Ercole: “Ministro Speranza non ho mai visto pace nel cuore di donne che hanno abortito. Solo chi come noi sacerdoti ascolta e confessa conosce questo dramma per cui tante mamme non riescono a trovar ragione. Altro che conquista di civiltà!”.

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