Nota divulgatrice scientifica e giornalista, l’esperta Roberta Villa fornisce un quadro molto chiaro di quello che è lo stato delle cose in Lombardia.
La divulgatrice scientifica e giornalista Roberta Villa pone una profonda e lunga riflessione in merito al Coronavirus sul suo profilo Facebook. Queste le sue parole.
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“Tutti si chiedono il perché dei numeri in Lombardia, e me lo chiedo anch’io mentre parenti e amici attentissimi si ammalano. È vero. La Lombardia ha avuto la sfiga di avere i primi casi, di averli trovati quando già dispersi in più di un focolaio, ma anche la fortuna di avere un’anestesista che ha sfidato i protocolli (non solo dell’istituto superiore di sanità, ma anche dell’Oms), facendo il tampone al paziente uno anche se non aveva avuto contatti con la Cina. Ok. Questo succedeva quasi due mesi fa. Nel frattempo, che cosa ha fatto la differenza rispetto alle altre regioni? La densità di popolazione, certamente, che ha portato subito alle stelle il numero dei casi, travolgendo gli ospedali e portando tutta l’attenzione sulle terapie intensive. Giusto”.
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Il messaggio di Roberta Villa prosegue. “Ma il problema è che nel frattempo nessuno si è preoccupato di dare protezioni ai medici di famiglia (quante se ne potevano acquistare con i soldi dei tre posti in fiera?), di potenziare i call center, di dare linee guida sui trattamenti a domicilio. “Prenda la Tachipirina e se fa fatica a respirare chiami il 112” è l’unica indicazione che si riceve.
Nel frattempo, i pazienti che vivono soli, tantissimi a Milano, debolissimi e magari con la febbre alta, restano completamente abbandonati a se stessi. Probabilmente non mangiano. Forse non bevono a sufficienza. Si disidratano. Si indeboliscono, e quando finalmente ricevono soccorso magari è troppo tardi. Chi ha la “fortuna” di vivere con qualcun altro, invece, ha chi gli dà da mangiare. Ma i familiari escono a fare la spesa, col rischio di portare fuori l’infezione, e inevitabilmente si ammalano anche loro”.
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“A quasi ogni caso a domicilio segue il resto della famiglia, anche perché la maggior parte della gente, soprattutto a Milano, non ha una stanza solo per sé in cui rinchiudersi, né un secondo bagno da riservarsi. I più gravi arrivano in pronto soccorso. Se il tampone è negativo, anche se stanno male, sono rimandati a casa, ignorando che il 30% dei casi sono falsi negativi.
Ma anche se sono positivi, se appena non sembrano in pericolo, possono essere rimandati a casa, con l’indicazione ai familiari di restare in quarantena per due settimane. A parte che il virus può durare più di due settimane, chi provvede alle necessità di queste famiglie isolate? Nei paesi forse si crea qualche rete, a Milano i più anziani rientrano negli elenchi del comune, qualche associazione si è mossa per qualcuno, ma gli altri, per mangiare, devono necessariamente uscire, e mettersi in coda ai supermercati, perché i servizi online non funzionano più. Trovare uno slot libero è meglio che vincere al lotto”.
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Ecco perché in Lombardia la situazione non migliora e non può migliorare fino a quando:
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“Finché non si faranno ALMENO queste cose, è inutile parlare di fase 2 a Milano, o pensare di risolvere la situazione pattugliando con i carri armati le strade. Inutile. Finiamola di perdere tempo in chiacchiere. Anche oggi, sirene su sirene nelle strade deserte. Bisogna fare qualcosa, non basta aspettare. Il lockdown era indispensabile per prendere tempo e abbassare la curva, ma sappiamo benissimo che non può azzerare io problema. Se non ci si organizza su tutti i fronti, questo enorme sacrificio umano, sociale ed economico sarà completamente inutile”.