Coronavirus, la denuncia del primario: “Tamponi ai calciatori e non ai medici”

Il primario dell’Ospedale di Magenta ha denunciato la discriminazione subita dai medici in tempo di Coronavirus, con una lettera al ‘Corriere’.

In questi giorni non si fa altro che dire che i medici sono gli eroi di questa emergenza sanitaria, che ai loro sforzi dobbiamo il numero sempre crescente di guariti. A loro dovremo un giorno il merito ed il riconoscimento se questa emergenza sarà conclusa. Eppure emerge sempre più spesso come gli eroi di cui si parla vengano messi in condizioni di grave rischio. In molti casi, infatti, sono costretti a lavorare a stretto contatto con centinaia di pazienti infetti, senza le dovute misure di protezione.

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Non solo, visto che, secondo quanto emerso da una lettera aperta consegnata al corriere dal primario Nicola Mumoli, per i medici non ci sarebbero a disposizione nemmeno i tamponi. Il dottore, primario dell’ospedale di Magenta, si è deciso a scrivere al ‘Corriere’ per denunciare quello che appare un paradosso. Se sui media e dalle case degli italiani emergono parole e slogan di solidarietà per i medici, tale solidarietà non si traduce in effettivo aiuto.

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Coronavirus, la denuncia del primario: “Niente tamponi per i medici”

La lettera del primario (cliccate qui per leggerla per intero) comincia con l’esposizione di un dato evidente a tutti e spiazzante: “Sono attualmente 2.629 i sanitari contagiati — l’8,3% del totale dei colpiti — e tra essi 14 vittime. Tutti hanno nascosto sotto una mascherina la propria identità, nessuno ha cercato visibilità, di loro nessuno ha parlato perché queste notizie «non fanno più rumore del crescere dell’erba», come scriveva Ungaretti”. Il motivo per cui si è deciso a scrivere è legato alle notizie riguardanti personaggi del mondo dello spettacolo, sportivi e politici che sono risultati negativi o positivi al virus.

Una delle sue collaboratrici, infatti, è malata e non ha potuto effettuare il test: “Pochi giorni fa si è ammalata, manifestando sintomi e segni tipici della patologia virale; contattati più volte i numeri di emergenza nazionale, le è stato negato il tampone. Invece oggi le pagine delle cronache riportano le buone condizioni di calciatori, attori e politici che esattamente come la mia collaboratrice hanno avuto”. Il medico successivamente spiega nel dettaglio cosa comporta questo diniego: “Non conoscere, ma solo ipotizzare per la mia collaboratrice un contagio da Coronavirus, oltre a essere ragione di preoccupazione e angoscia, non le consente di applicare le linee guida in fieri sull’eventuale assunzione di farmaci antiretrovirali né di scegliere i corretti tempi del rientro al lavoro”.

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