Coronavirus, ecco perché tra i bambini è più raro

Perché il Coronavirus è raro tra i bambini? A ipotizzare la risposta è stato Guido Gattinara, presidente della società Italiana di Infettivologia Pediatrica.

Sono ancora moltissime le domande aperte sul Coronavirus, che dalla sua “nascita” in Cina all’inizio di febbraio ha infettato più di 60mila persone, uccidendone 1.383. I dati più recenti parlano di un tasso di mortalità del 2% circa, ma non si esclude la possibilità che sia molto più basso, data la difficoltà di registrare il numero degli infetti asintomatici o con sintomi simili a quelli di una comune influenza. Uno dei dubbi più importanti ha a che fare con l’età dei malati: perché il virus è più raro tra i bambini? A ipotizzare una risposta è stato Guido Gattinara, presidente della società Italiana di Infettivologia Pediatrica.

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Guido Gattinara spiega perché il Coronavirus è più raro tra i bambini

Sul portale della Società Italiana di Pediatria Guido Gattinara ha scritto: “Nell’attuale epidemia di coronavirus i motivi per cui così pochi bambini si sono ammalati non sono ancora chiari. Le due possibili spiegazioni sono legate a una minore probabilità che siano stati esposti al virus per le modalità di diffusione iniziale dell’epidemia, oppure c’è qualcosa di diverso nel modo in cui il loro organismo risponde al virus. In ogni caso i dati attuali sembrano indicare che in generale i bambini non sono molto vulnerabili al Coronavirus, anche se le informazioni che vengono dalla Cina potrebbero non essere così accurate per quanto riguarda l’infanzia. Un basso numero di casi tra i bambini sarebbe una buona cosa, dato che questi sono meno propensi a lavarsi le mani, a coprirsi la bocca e ad astenersi dal toccare gli altri, comportamenti che possono diffondere germi. Se il Coronavirus si diffondesse tra i bambini, l’epidemia potrebbe diventare molto peggiore”. Si è interessato a questo aspetto del virus anche il New England Journal of Medicine, che dai risultati di un primo studio condotto su 425 soggetti malati di Coronavirus ha ipotizzato che “i bambini potrebbero avere avuto meno probabilità di contrarre l’infezione o, se infetti, potevano mostrare sintomi più lievi” rispetto agli adulti. Un articolo pubblicato sul Lancet, inoltre, racconta il caso di un bambino di 10 anni che, ammalatosi di Coronavirus dopo essere stato in contatto con alcuni familiari infetti, pur presentando un’opacità polmonare a vetro smerigliato radiologicamente evidente, restava completamente asintomatico. In seguito il test risultato positivo su un neonato di Wuhan, figlio di una paziente affetta da Coronavirus, ammalatosi 30 ore dopo la nascita, ha fatto ipotizzare che la trasmissione verticale da madre a figlio sia possibile. Resta possibile, però, che il bambino si sia infettato dopo la nascita per via dell’ovviamente stretto contatto con la madre.

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Il Coronavirus paragonato a Sars e Mers, suoi omologhi

Il Coronavirus, rispetto ai suoi omologhi antenati Sars e Mers, sembra avere maggiore infettività ma minore letalità. I sintomi più facilmente individuabili sono febbre, tosse, mal di testa, difficoltà respiratorie e polmonite. Anche per la Sars i casi di infezione tra i bambini sono stati pochi: solo 80 casi confermati in laboratorio,  oltre 55 casi probabili ma mai verificati. Per il momento nessun bambino o adolescente è morto a causa del Coronavirus. [Fonte: La Repubblica]

 

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