St. Ambroeus FC: ecco la squadra dei rifugiati-calciatori milanesi

E’ a Sant’Ambrogio – Sant’Ambroeus in dialetto meneghino – che ha deciso di intitolarsi il St. Ambroeus FC, la squadra di calcio composta da un gruppo di rifugiati a Milano.

Seku dalla Costa d’Avorio, Mamadou dal Senegal, Cesar dal Camerun, Luis dal Perù, Kalilou dal Gambia e Tommaso, Marco e Federico italiani. Ad accomunare tanti nomi e nazionalità diverse è la passione per il pallone e la voglia di dare un calcio (metaforico e non solo) al razzismo. Si tratta infatti dei protagonisti del St. Ambroeus FC, la squadra di calcio composta da un gruppo di rifugiati a Milano.

E’ proprio l’appartenenza a Milano che manager e atleti hanno voluto sottolineare quando hanno scelto il nome della loro squadra: la St. Ambroeus Football Club. Si tratta della prima squadra di calcio lombarda (si contano sulle dita di una mano quelle nel resto d’Italia) formata in prevalenza da rifugiati e richiedenti asilo a essersi tesserata alla FIGC, lo scorso anno.

La lezione dei giocatori del St. Ambroeus

Luis, l’allenatore, seguiva già i Corelli Boys, la squadra di un centro di accoglienza che è poi confluita nella nuova St. Ambroeus. Nella vita fa il badante ed è un punto di riferimento fondamentale per tutti i giocatori. Come Laye, che è nato in Senegal e ha 24 anni: “Mi piace giocare nel Sant’Ambroeus, perché è stata creata apposta per noi: mi sento orgoglioso – ha detto in una recente intervista -. Veniamo da tanti Paesi diversi, parliamo diverse lingue di origine, però ci divertiamo insieme. E poi mi piace vincere, perché vincendo facciamo felici anche i tifosi e chi ci segue”.

Si è creato così un circolo virtuoso, dove le persone aiutate prestano aiuto a loro volta a chi è rimasto più indietro. “Ora con me c’è un ‘bambino’ di 18 anni – ha raccontato ancora Laye -. Un amico della squadra, che fa l’educatore in un centro di accoglienza per minori, mi ha detto che c’era questo ragazzo appena diventato maggiorenne per cui cercavano una casa e mi ha chiesto se potevo prenderlo con me. Viene dallo Sri Lanka. Io sono molto contento, perché così non sono solo in casa, e posso insegnargli quello che so e che ho imparato con la mia esperienza”. Sì, anche un semplice pallone può fare miracoli…

EDS

 

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