Biopsie ferme, paziente scopre tumore con quattro mesi di ritardo

Quattro mesi dopo la biopsia scopre di avere un tumore. Inizialmente i risultati erano stati ritenuti positivi. L’incredibile caso dell’Ospedale San Paolo di Milano

Un incredibile errore medico, il risultato sbagliato di una biopsia e poi l’atroce verità. È quanto successo ad un paziente dell’Ospedale San Paolo di Milano. Un vetrino letto in modo erroneo ha portato ad un caso di malasanità che farà discutere. L’uomo aveva sostenuto delle analisi che erano risultate positive, quattro mesi dopo, a causa dei dolori atroci alla schiena, il medico curante chiede il riesame dei tessuti prelevati. L’esito è diverso e devastante: cancro alla prostata in stato avanzato, ormai con metastasi ossee. Tutto nasce dalla mancanza di medici, secondo l’Ospedeale. Nel laboratorio di anatomia patologica si sono accumulati tra novembre e febbraio scatoloni pieni di biopsie non analizzate. Almeno mille. Il Corriere aveva denuncia il caso lo scorso 8 febbraio: “Milano, attese di tre mesi per l’esito delle biopsie (che dovrebbe arrivare in pochissimo tempo)”. Il giorno dopo l’assessore alla Sanità Giulio Gallera corre ai ripari e i tessuti prelevati vengono inviati ad altri ospedali di Milano e provincia per smaltire gli arretrati e avere i risultati in fretta. In concomitanza viene istituita anche una commissione d’inchiesta per fare luce sulle colpe — definite gravi — dell’ospedale.

Biopsie ferme, il caso all’ospedale San Paolo di Milano

Tra questi vetrini c’è anche quello di un paziente di 60 anni. Viene letto in modo sbagliato. Ricevuto il 26 febbraio al laboratorio di Anatomia patologica dell’ospedale di Busto Arsizio, a solo 24 ore di distanza, il patologo Filippo Crivelli firma il referto. Nulla di preoccupante. Ma l’esito non è giusto. I dolori permangono e così il dottore che l’ha in cura richiede altri esami. Risonanza magnetica e scintigrafia articolare da cui risultano metastasi ossee. Il 19 giugno viene avanzata la richiesta di rivedere la diagnosi del 27 febbraio: “In considerazione del quadro clinico — scrive l’urologo nelle carte che il Corriere ha potuto leggere — è utile in prima istanza una revisione dei vetrini”. Il nuovo referto è del 26 giugno: “Su richiesta del medico curante in relazione allo sviluppo della sintomatologia si rivede il caso — si legge nei documenti —. Si repertano tre focolai di carcinoma prostatico”. Tre mesi di attesa per i troppi vetrini da leggere e una lettura sbagliata, una serie di errori che condanna il paziente. L’assessore Gallera non può che ammettere: “Un fatto grave e inaccettabile”.  Tutto nasce ad autunno quando vanno via due colleghi del laboratorio di anatomia patologica, a gennaio va via un altro. La richiesta di trasferimento dei due è del 26 luglio 2017, il concorso pubblico per sostituirli è bandito subito dopo (il 4 agosto 2017), la scadenza delle candidature è fissata a 30 giorni dall’uscita dell’avviso sulla Gazzetta ufficiale. L’ammissione dei candidati e la nomina della commissione giudicatrice arriva solo il 20 dicembre e fino al 23 gennaio non c’è neppure la graduatoria. Le assunzioni arrivano solo il giorno dopo che il caso delle biopsie ferme diventa pubblico.

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