Clochard bruciato vivo dai ragazzini: “Il nostro sogno? Uccidere un uomo”

clochard ucciso
Il rifugio di fortuna del clochard ucciso nel Veronese dopo l’incendio fatale

A dicembre 2017, in provincia di Verona, c’era stato lo sconcertante caso riguardante un clochard ucciso da due minorenni. Ora emergono nuovi, incredibili dettagli.

La vicenda del clochard ucciso a Santa Maria a Zevio, in provincia di Verona, lo scorso 13 dicembre, presenta dei dettagli a dir poco sconcertanti, a sei mesi dal delitto. In quella circostanza il 64enne marocchino Ahmed Fdil, senza fissa dimora, venne sottoposto alle angherie di due ragazzini di 13 e 17 anni di età. I giovani delinquenti lo minacciarono di dargli fuoco, e nella concitazione, la dimora dell’uomo finì davvero preda delle fiamme, non lasciandogli scampo. Il maghrebino aveva trovato rifugio in una automobile in disuso sistemata alla bell’e meglio, che però aveva finito con l’essere la sua tomba. Ahmed Fdil però un lavoro ce lo aveva, ma dopo essersi ritrovato disoccupato non aveva potuto più fare fronte alle spese, riducendosi a sopravvivere anziché a vivere con dignità. È quanto racconta suo nipote Salah all’edizione online de ‘Il Corriere della Sera’.

Clochard ucciso, l’hanno ammazzato così

Sulle prime le forze dell’ordine avevano pensato ad un incidente, una ipotesi avvalorata dai residui di bottiglie di alcolici e di mozziconi di sigarette ritrovati disseminati un pò ovunque. Il marocchino infatti sembrava proprio aver sviluppato una dipendenza dal bere e dal fumare. Presto le indagini si concentrano sui due ragazzi, che avevano cominciato a bersagliarlo, e si scopre che proprio loro alla fine avevano appiccato l’incendio. Per farlo si erano serviti di alcuni fazzoletti imbevuti di liquido infiammabile. Mentre il più piccolo non è imputabile per via della giovanissima età, per il 17enne è scattato nei mesi scorsi un procedimento di accusa per omicidio volontario. In tutto questo tempo il più grande dei due delinquenti è rimasto sotto custodia in una struttura idonea, alternando questa permanenza ad una condizione di libertà.

I messaggi tra i due dopo l’accaduto

Ora però sono spuntati fuori i discorsi che i due si erano scambiati dopo l’omicidio di Ahmed Fdil. Entrambi avevano provato ad accusarsi a vicenda ed a depistare le indagini. Gli inquirenti però si sono definitivamente convinti del fatto che tutta questa tragica assurdità sia avvenuta per noia. I ragazzini hanno agito come se fosse stato tutto un gioco. Ma in un primo momento le forze dell’ordine non avevano pensato che i responsabili potessero essere due giovanissimi. Erano state le affermazioni di sfida di un altro minorenne, coinvolto in una lite con un residente a causa di un cane investito, a metterli sulla pista giusta. Il giovane in questione aveva sfidato le autorità dicendo che, a differenza loro, era a conoscenza di come fosse morto Fdil, soprannominato ‘Baffo’.

La pista scoperta per caso

Altre testimonianze hanno indirizzato definitivamente le autorità sulla pista giusta. Ed alla fine i due colpevoli sono stati messi sotto torchio, ed il 17enne ha raccontato nel dettaglio una versione che sembrava reggere. “Era stato il mio amico a lanciare il fazzoletto infuocato nella macchina di Baffo. Subito dopo l’incendio siamo scappati ed abbiamo raggiunto un bar a Zevio. Della notizia abbiamo saputo in televisione”. Versione identica, ma con colpevole l’altro ragazzo, quella fornita dal 13enne. Quale che sia la verità, una persona è morta in maniera tanto tragica quanto assurda, per quello che entrambi i giovani irresponsabili hanno preso per un gioco, uno scherzo.

“Era il nostro sogno ammazzare qualcuno”

Tutti e due hanno confermato di aver agito per noia, “anche se non volevamo ucciderlo”. È stata anche intercettata una conversazione telefonica tra i due, dove il 17enne chiede all’altro perché avesse dato fuoco al clochard. L’altro gli aveva risposto che qualsiasi prova era sparita. Ed è emerso un particolare spaventoso. E cioè che il proposito di tutti e due era quello di ammazzare qualcuno, “Abbiamo coronato il nostro sogno”, afferma il 13enne. Alché il 17enne lo corregge: “Sbagliato, il sognavo di uccidere un gatto”. Ma tutto suona tremendamente assurdo ed inconcepibile.

A.P.

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