Jacopo Monticelli, il medico rivela: “Diagnosticai così il primo morto di Covid”

Jacopo Monticelli è stato il primo medico ad assistere i morti di Covid in Italia, ecco cosa ha raccontato: un’esperienza traumatica.

Covid

Si chiama Jacopo Monticelli il primo medico ad assistere un morto di Covid in Italia. Monticelli ha raccontato al quotidiano La Stampa come ha vissuto lo scorso febbraio, quando lavorava all’ospedale Madre Teresa di Calcutta di Schiavonia, in provincia di Padova, come consulente infettivologo. “Il 18 febbraio mi trovo ad affrontare il caso del paziente Trevisan. Una cartella clinica simile ad altre: una sospetta polmonite influenzale nei giorni del picco. Ma gli esami microbiologici non ci danno conferme. La terapia antibiotica non basta e decidiamo di cercare ancora…”, ha detto. “Non riuscivamo a capire cosa avesse, Adriano Trevisan, pensionato di 78 anni. Poi la figlia ci racconta che hanno ricoverato anche un suo amico, uno che era solito giocare con lui a briscola. Ha gli stessi sintomi, le stesse difficoltà respiratorie: è allora che ho iniziato a capire e ho avuto paura”. Il medico ha commentato anche le previsioni natalizie, assicurando che la vita dentro all’ospedale è molto diversa da quella di chi resta fuori: “Mettiamola così: so di certo che le mie festività saranno molto misere. Mi sembra di parlare da un mondo parallelo a quello della politica”.

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Il racconto di Jacopo Monticelli, ecco come sono stati diagnosticati i primi casi di Covid in Veneto

Jacopo Monticelli ha continuato: “Ho avuto paura perché ho capito che il virus già circolava tra noi. Anzi, era già dentro l’ospedale. Il tampone è stato solo una conferma. Tutti gli amici di Trevisan, i signori che giocavano a carte insieme al bar, erano contagiati e avevano gli stessi sintomi: tosse, febbre e diarrea. L’evoluzione della malattia era molto rapida, peggioravano improvvisamente. Come se qualcuno avesse schiacciato un bottone… […] Fu un periodo intenso. A tutti i pazienti che venivano ricoverati dovevo fare una valutazione epidemiologica: solo il 27 marzo avrò fatto 70 visite. Ma la sanità veneta ha tenuto”. Su questa seconda ondata il medico, che oggi lavora all’ospedale Maggiore di Trieste, ha detto: “Difficile dire se stiamo uscendo dalla seconda ondata. Ci sono più posti letto e non si capisce quanta gente viene curata ogni giorno dal nostro sistema. L’emergenza non è finita”. Ha concluso: “Il vaccino? È l’unico modo realistico per uscire da questa pandemia. Oppure bisogna credere all’immunità di gregge. Ma a che costo in termini di vite umane?”.

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