Chi sono i morti a causa del Coronavirus? Cosa dicono le statistiche su età, sesso e patologie? La risposta sta in un nuovo rapporto dell’Istituto superiore di sanità.
Quasi 30mila – 27.955 per l’esattezza – pazienti morti e risultati positivi all’infezione da Coronavirus in Italia: è a partire da questo “campione” che l’Istituto superiore di sanità (Iss) ha stilato un rapporto sui decessi legati all’emergenza pandemica, analizzando i dati ricevuti fino al 7 maggio. Vediamo insieme i dati più significativi che emergono dallo studio.
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Secondo il rapporto dell’Iss, oltre la metà dei morti per Coronavirus sono in Lombardia (il 52,3%), il 13,4% in Emilia Romagna, il 7,8% in Piemonte e il 5,7% in Veneto: queste dunque le regioni più colpite. Nelle altre la percentuale è sotto al 4%, e in sette casi addirittura sotto l’1% (Sicilia, Valle d’Aosta, Sardegna, Calabria, Umbria, Basilicata e Molise).
L’età media delle vittime è di 80 anni, 20 in più rispetto a quella delle persone contagiate dal virus: di queste, il 39% sono donne e il restante 61% sono uomini. Le donne, in particolare, presentano un’età superiore a quella degli uomini, 85 anni contro 79. Al 7 maggio scorso risultano essere 312 (l’1,1%) i pazienti deceduti di età inferiore ai 50 anni: 66 di questi avevano meno di 40 anni (42 uomini e 24 donne di età compresa tra 0 e 39 anni). Per 14 pazienti under 40 non sono al momento disponibili informazioni cliniche, ma sappiamo che 40 di essi presentavano gravi patologie preesistenti (cardiovascolari, renali, psichiatriche, diabete, obesità) e 12 non avevano diagnosticate patologie rilevanti.
Una sezione del rapporto dell’Iss è dedicata all’analisi del quadro clinico delle cartelle di 2.621 persone decedute: quasi il 60% delle vittime presenta tre o più patologie pregresse, il 21,3% ne ha due, il 15% una e solo il 3% non presenta alcuna patologia. Il numero medio totale di malattie preesistenti è superiore a 3, mentre il 24% dei pazienti deceduti seguiva una terapia con ACEinibitori e il 17% una terapia con Sartani. E ancora: nel 92,5% delle diagnosi di ricovero sono menzionate condizioni come polmonite, insufficienza respiratoria o sintomi compatibili con Covid-19, nel restante 7,5% dei casi la diagnosi di ricovero non è correlata all’infezione (riguarda esclusivamente patologie neoplastiche, cardiovascolari, gastrointestinali e di altro tipo). Tra le complicanze più diffuse c’è l’insufficienza respiratoria (il 97,0% dei casi), seguita dal danno renale acuto (22,6%), dalla sovrainfezione (12,4%) e dal danno miocardico acuto (10,8%).
Quanto ai sintomi, quelli più comunemente osservati prima del ricovero nei pazienti poi deceduti sono febbre dispnea e tosse; meno frequenti invece diarrea e emottisi. E nel 5,8% dei casi non risulta presente alcun sintomo al momento del ricovero. Infine, terapia più utilizzata stando alle cartelle cliniche è quella antibiotica (85% dei casi), seguita a distanza da quella antivirale (57%) e da quella steroidea (37%). Ma in 557 casi (21,6%) sono state utilizzate tutte e tre le terapie. Al 4,2% dei pazienti è stato invece somministrato il Tocilizumab. Tutto questo in un lasso di tempo medio di 10 giorni dall’insorgere dei primi sintomi al decesso (5 giorni dai sintomi al ricovero in ospedale e altri 5 dal ricovero alla morte ulteriori).
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EDS