Manovra, ecco quando Renzi chiedeva all’UE il 2,9% di deficit

Renzi
(ALBERTO PIZZOLI/AFP/Getty Images)

Manovra, ecco quando Renzi chiedeva all’UE il 2,9% di deficit. 

Dopo la nota aggiuntiva al Def proposta dal governo, quella che di fatto è la manovra economica, si sono scatenate molte polemiche da parte delle opposizioni e anche molta ironia sul web da parte di chi non ha votato Lega o 5 Stelle. Eppure molti, soprattutto tra i sostenitori del Partito Democratico, dimostrano di avere la memoria molto corta dato che il loro leader Matteo Renzi pochi mesi fa in piena campagna elettorale annunciava che qualsiasi compagine fosse andata al governo avrebbe dovuto chiedere all’UE di poter alzare il deficit fino al 2,9%. Visto che il governo attuale è arrivato al 2,4% la cosa perché desta tutto questo scandalo?

Certo, non tutti possono essere d’accordo sulle misure prese e in particolare la decisione di destinare una larga fetta di investimenti sul reddito di cittadinanza può effettivamente lasciare perplessi. Ma un conto è la polemica sui contenuti un conto è quella sulla percentuale di deficit che appare evidentemente pretestuosa.

Ma cosa diceva Renzi? In un lungo articolo pubblicato sul Sole 24 ore il 9 luglio del 2017 si esprimeva così: “Se, davanti alla crisi migratoria, i paesi dell’Est – che beneficiano dei contributi nostri e degli altri paesi – non collaborano, non devono poi stupirsi se i criteri di bilancio cambiano. La solidarietà non sta solo nel prendere, ma anche nel dare. In mancanza di un diverso atteggiamento da parte loro sull’immigrazione, dovrà cambiare il nostro atteggiamento sui denari. Qualcuno lo chiama ricatto politico, io lo chiamo principio etico. E, quando tratterà questo punto, il prossimo governo dovrà farsi valere con determinazione e senza incertezze. Su questo punto forse sono un inguaribile romantico ma mi piacerebbe che tutte le forze politiche italiane, nessuna esclusa, per una volta remassero nella stessa direzione”.

E poi ancora: “Noi pensiamo che l’Italia debba porre il veto all’introduzione del Fiscal compact nei trattati e stabilire un percorso a lungo termine. Un accordo forte con le istituzioni europee, rinegoziato ogni cinque anni e non ogni cinque mesi. Un accordo in cui l’Italia si impegna a ridurre il rapporto debito/Pil tramite sia una crescita più forte, sia un’operazione sul patrimonio che la Cassa depositi e prestiti e il ministero dell’Economia e delle Finanze hanno già studiato, sebbene debba essere perfezionata; essa potrà essere proposta all’Unione europea solo con un accordo di legislatura e in cambio del via libera al ritorno per almeno cinque anni ai criteri di Maastricht con il deficit al 2,9%”. 

Poi è ovvio che Renzi avrebbe voluto utilizzare i soldi così ottenuti in modo diverso rispetto a ciò che stanno facendo Lega e 5 Stelle, ma questo rientra nei programmi politici dei vari partiti che vengono premiati o puniti dagli elettori e, nelle ultime elezioni del 4 marzo scorso, non c’è dubbio su chi la gente abbia deciso di votare.

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