Alla fine della prima settimana di riapertura, le prospettive per molti bar e ristoranti non sono rosee: sarebbero in 90 mila gli esercizi a rischio fallimento.
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Il giorno precedente al 18 maggio, molti commercianti e ristoratori di Roma hanno effettuato una protesta nei confronti del governo. Sopra le saracinesche dei locali, infatti, sono apparsi dei cartelli con su scritto: “Senza aiuti del governo il 18 maggio non possiamo riaprire. Migliaia di dipendenti a rischio”. Ci sono esercenti che hanno deciso di non riaprire affatto ed altri che dopo un tentativo hanno riabbassato le saracinesche.
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Le preoccupazioni dei commercianti non erano esagerate. Oltre al discorso relativo alla perdita causata dal distanziamento sociale, c’è da considerare l’afflusso di clienti. Dopo la quarantena sono in molti gli italiani che si trovano in ristrettezze economiche e preferiscono non spendere denaro per andare a mangiare fuori o comprare vestiti e beni che non siano di prima necessità.
In un approfondimento curato da Repubblica si legge come siano rimasti chiusi circa 90 mila tra bar e ristoranti in tutto il territorio nazionale. La stima di cui parla il quotidiano è tratta da un report effettuato da Fipe Confcommercio. A spingere verso questa decisione è stato la somma tra costi e guadagni. Molti hanno deciso di attendere, probabilmente anche per usufruire dei finanziamenti a fondo perduto e dei prestiti garantiti al 110 % contenuti nel decreto rilancio, dl che è stato pubblicato sulla Gazzetta solamente lo scorso 20 maggio. Sempre in base al report, d’altronde l’affluenza nei ristoranti e nei bar è del 20% rispetto a quella pre quarantena. La percentuale sale -anche se non di molto – per i servizi alla persona (28%) e per i locali non alimentari (30%).