La virologa Ilaria Capua scrive alcune riflessione sul ‘Corriere’ riguardanti il Covid-19. Il vaccino sarà importante, ma prima bisogna convivere col virus.
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Sappiamo di non sapere: i numeri del contagio, infatti, sono incerti. Questo perché i tamponi sono stati effettuati solo su una parte della popolazione e le procedure non sono armonizzate. Infatti, sottolinea l’esperta: “Ogni stima è soltanto una stima e come tale intrinsecamente sbagliata — bisogna solo capire di quanto”. Un’altra certezza riguarda il fatto che al momento non c’è una cura e le misure messe in atto servono a limitare la circolazione del virus, non a bloccarla.
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L’altra grande certezza, purtroppo, sono le tempistiche lunghe della creazione e della diffusione di un vaccino: “La panacea, il vaccino che di certo non sarà disponibile almeno fino alla fine dell’anno. Non sappiamo né quanto ce ne sarà né se poi gli italiani lo utilizzeranno, visti i precedenti. Incertezza sull’incertezza“. Lo stesso discorso vale per i farmaci. Ce ne sono alcuni che aiutano nella cura e che vengono testati, ma al momento non sono di sicura efficacia: “Sappiamo che ci sono diversi farmaci e protocolli terapeutici innovativi che ci permettono di affinare la cura, ma non credo proprio che si arriverà in tempi brevi a una commercializzazione nelle farmacie ma piuttosto verranno usati per i pazienti ricoverati”.
Il quadro così delineato ci porta dinnanzi ad un futuro prossimo atipico, in cui si deve provare a ripartire con cautela. In attesa dello sviluppo di una immunità naturale, di gregge o di vaccino, infatti, bisognerà adattarsi. La virologa infatti scrive: “È questione di adattare quello che sappiamo sulla prevenzione del Covid-19 alla nostra vita quotidiana per evitare di finire in ospedale noi stessi e fare in modo che non ci finiscano i nostri cari. Perché l’obiettivo prioritario del Paese deve essere quello di far tornare gli ospedali a regimi gestibili, e di recuperare l’arretrato. Non possiamo permetterci un’altra catastrofe con le bare nelle palestre e i morti che non si riescono più a contare. Per forza di cose dovremo ripensare ai nostri regimi organizzativi ed intrattenitivi. Arriveranno grandi cambiamenti sul fronte lavoro che dobbiamo essere pronti ad accogliere con una mentalità nuova, diversa”.