Una giovanissima mamma affetta da depressione post partum ha avvelenato la figlia neonata somministrandole dosi letali di sale.
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Un giorno ha portato la figlia in ospedale ed ha detto ai medici che era preoccupata perché la piccola non voleva mangiare. I medici hanno accettato di ricoverarla per fare dei controlli ed è stato in quel momento che la donna le ha somministrato una dose di sale equivalente a due cucchiai da thé. La pressione della bambina è salita immediatamente ed i medici hanno contrastato una lieve crisi di iponatriemia.
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Nel giro di qualche ora la crisi era superata ed i livelli della piccola erano tornati stabili. A quel punto la donna ha chiamato il padre della figlia e gli ha chiesto di portare in ospedale del sale per le patatine. Ottenuto con l’inganno il sale, la donna ha avvelenato una seconda volta la figlia, rischiando di ucciderla. I medici sono riusciti a salvare la bambina, la quale poteva riportare gravi danni cerebrali, e hanno scoperto che nel suo organismo c’erano alte concentrazioni di sale.
La giovane mamma è stata denunciata alla polizia e la bambina, una volta ristabilita, è stata affidata ai servizi sociali ed in seguito adottata. Dopo quasi 5 anni la donna è stata condannata per tentato omicidio. In una mail indirizzata alla figlia, la donna ha scritto che non era sua intenzione farle del male: “La mamma ha mischiato sale e acqua per sentirsi male. Lei ti ha dato da mangiare e ha aggiunto un po’ di quella mistura. Tu sei andata in condizioni critiche. Mamma non voleva farti del male; mamma voleva solo che i medici ascoltassero. Mamma non voleva ammettere di essere in difficoltà ed ha mentito. Sono molto dispiaciuta”.