Nella Manovra 2020 sono state previste dal governo diverse novità in materia pensionistica. La prima riguarda la soglia di anzianità che, a differenza di quanto si pensava, rimarrà invariata anche per il biennio 2021-2022. A comunicarlo è stato il ministro dell’Economica con una nota sulla ‘Gazzetta Ufficiale‘. A quanto pare le aspettative di vita degli italiani per il prossimo biennio non sono cresciute al punto tale da giustificare un aumento della soglia di anzianità. I lavoratori dunque potranno andare in pensione a partire dai 67 anni per i prossimi 3 anni.
Differente il discorso per i 30enni. I giovani che si sono appena affacciati sul mondo del lavoro dovranno lavorare più di quelli che sono a fine ciclo. Se le aspettative di vita dovessero crescere in maniera positiva la soglia di anzianità si potrebbe alzare addirittura a 72 anni (cinque in più di quella attuale). In caso di una crescita dell’aspettativa di vita moderata invece la soglia si alzerebbe a 68 anni e 7 mesi (19 mesi più di adesso).
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Eliminata invece l’Ape volontaria sia per i privati che per le aziende. L’opzione permetteva ai lavoratori di andare in pensione a 63 anni con 20 anni di contributi grazie all’ottenimento di un finanziamento. Questo forniva un prestito al lavoratore per coprire i contributi mancanti che veniva riscattato tramite rate mensili detratte dall’assegno pensionistico per 20 anni. Infine, novità più sostanziosa, ci sarà un ricalcolo dell’assegno pensionistico.
A partire da gennaio tutti i trattamenti pensionistici verranno aumentati dello 0,4% per pareggiare l’effetto dell’inflazione. Nel 2020 non ci sarà nessun conguaglio: l’Istat ha confermato la variazione dell’indice Fois all’1,1%. Viene confermato anche che la rivalutazione degli assegni non sarà uguale per tutti e che quelli superiori alla quota minima rimarranno indicizzati al 100%. Mentre scende al 77% per quelli 4-5 volte superiore, al 52% per quelli 5-6 volte superiori, al 47% per quelli 6-8 volte superiori e al 40% quelli ancora maggiori.
Sciarretta Massimiliano