Durante la perizia iniziata nel 2002 e svoltasi in otto sedute la Franzoni parla del funerale di suo figlio: “Non so nemmeno come ero…vedere una bara dove c’è il proprio figlio…è indescrivibile il dolore che si prova, che sto provando tutti i giorni, ogni giorno che passa. E’ una cosa disumana, non mi sembra nemmeno vero, però lui non c’è più, non lo sento, non lo vedo, non sento la sua voce che ride e scherza e allora mi accorgo che è tutto vero quello che è successo”. La donna afferma poi di far fatica a rimanere sola: “Perché il ricordo più passa il tempo e più è brutto, all’inizio ci sono i ricordi vivi, adesso diventano sempre più distanti, mi manca sempre di più. Non riesco più a dare valore a niente, tutto quello che prima per me aveva valore anche le cose più belle non hanno più senso. Mi metto a fare una cosa e dopo cinque minuti non riesco più a portarla a termine”.
Nel racconto la Franzoni esprime anche sentimenti di colpa: “Ho sbagliato a lasciarlo solo, ho sbagliato a non chiedere a Stefano di rimanere quella mattina, se ci fossi stata io avrei potuto difenderlo. Mi manca, mi dico ‘perché non deve essere qui con noi’, si mette al mondo un figlio con tutto il bene che gli si vuole, i sacrifici, per poi togliercelo così”. E poi l’amara conclusione: “E’ una cosa crudele. Non mi interessa niente, non mi è pesato andare in carcere, non mi pesa quello che dicono, cerchiamo solo di difenderci, di tutelare Davide (il primo figlio, n.d.r.), quello che ci resta”.