“Scusate se riparlo di me” inizia così l’editoriale Giannini. “Oggi ‘festeggio’ quattordici giorni consecutivi a letto, insieme all’ospite ingrato che mi abita dentro. Gli ultimi cinque giorni li ho passati in terapia intensiva, collegato ai tubicini dell’ossigeno, ai sensori dei parametri vitali, al saturimetro, con un accesso arterioso al braccio sinistro e un accesso venoso a quello destro. Il Covid è infido, è silente, ma fa il suo lavoro: non si ferma mai”.
Giannini poi aggiunge: “A parte me, e un’altra decina di più fortunati, sono tutti in condizioni assai gravi: sedati, intubati, pronati”. E sui sanitari spiega amaramente: “Sono in superlavoro, bardati come sappiamo dentro tute, guanti, maschere e occhiali. Non so come fanno. Ma lo fanno, con un sorriso amaro negli occhi: “A marzo ci chiamavano eroi, oggi non ci si fila più nessuno. Si sono già dimenticati tutto…”. Ecco il punto: ci siamo dimenticati tutto”.
E infine chiude così: “L’ho scritto da sano e lo ripeto da malato: le cose non stanno andando come avrebbero dovuto”.