Ogni anno in Italia si verificano in media 4.000 suicidi, il 5% dei quali riguarda persone di età inferiore ai 24 anni. Una percentuale incoraggiante, visto che secondo i dati dell’Istat dal 1994 al 2017 si è ridotta del 14%. Parrebbe dunque che la maggior attenzione di scuole e genitori abbia permesso di limitare il numero di suicidi tra i più giovani, lo stesso però non può dirsi sugli atti autolesivi.
Stando ad un’altra statistica, questa volta effettuata dall’ospedale romano Bambino Gesù, almeno 1 adolescente su 5 commetterebbe atti autolesivi. Una media che si avvicina a quella europea, visto che nel continente i ragazzi che compiono gesti di autolesionismo (saltuari o continuativi) sono il 27,6%. Una percentuale preoccupante che riguarda i soggetti con un età media di 14 anni.
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Secondo quanto riferito a ‘Tgcom 24’ da Stefano Vicari, responsabile del reparto di Neuropsichiatria dell’Infanzia all’ospedale romano, si tratta di una vera e propria emergenza. Questo perché i casi sono in rapida crescita: “l’attenzione sul fenomeno è ancora troppo bassa, i genitori e la scuola fanno fatica a rilevarlo e perché l’offerta assistenziale nel nostro Paese è limitatissima”.
Alla difficoltà di individuazione di segnali premonitori si aggiungerebbe poi la difficoltà delle famiglie a richiedere un aiuto specialistico. Come spiegato da Mariella Enoc (presidente del Bambino Gesù) molte famiglie infatti vivono il disturbo mentale del figlio con estrema sofferenza: “I genitori si sentono responsabili e tendono a nascondere la realtà che stanno vivendo, schiacciati dallo stigma sociale”. Qual è la soluzione? Si tratta di una situazione delicata che necessita di tempo e risorse, il primo passo è sicuramente quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema. Successivamente potrebbe essere utile approntare un programma pedagogico nelle scuole ed offrire assistenza gratuita per i bambini che presentano simili disturbi.
Fabio Scapellato