Una nuova tassa incombe sulle tasche delle famiglie in Italia, un incremento dell’Iva che colpirà maggiormente regioni grandemente sviluppate a livello economico come la Lombardia e il Trentino Alto Agide (tasse, rispettivamente, di 658 e 654 euro) e liberi professionisti, imprenditori e grandi dirigenti.
Il 1º gennaio 2020 partirà la nuova tassa prevista dall’ultima manovra e confermata dal ministro dell’Economia Giovanni Tria. Il futuro – e altamente probabile – aumento dell’Iva è il risultato delle clausole di salvaguardia, un sistema preventivo che ha fatto molto discutere: s’inizia con un rincaro delle tasse automatico, tentando poi – successivamente al raggiungimento delle cifre stimate – di stopparlo. L’Iva è destinata a salire dal 22 al 25,2% nel 2020, insieme un rialzo al 13% per quella al 10%. La clausola fa spiccare il volo anche all’aliquota al 10%, applicata ad una serie vasta di prodotti: dal cibo, ai lavori domestici, fino ai ristoranti, cinema e teatri.
Secondo le stime dell’Istat, a livello nazionale saranno le famiglie lombarde e altoatesine a subire maggiormente l’ondata del doppio rincaro della tassa, parimerito l’Emilia Romagna e il Veneto – solo a livello di percentuale – mentre il minor impatto sarà subito da Calabria, Campania e Basilicata. A livello comunale saranno invece le aree metropolitane a pagare lo scotto della nuova manovra (570 euro, il 2,3%), mentre pagheranno meno le aree con meno di 50mila abitanti (517 euro, il 2,25%). A livello individuale, diverse stime vedono i single soffrire maggiormente il carico dell’aumento Iva – maggiori acquirenti di prodotti con aliquota al 22% come vestiti e alcolici – mentre pagherà considerevolmente meno chi consuma beni tassati al 4% come pane, frutta e verdura. Tra le famiglie numerose, subirebbero un maggior rincaro i nuclei familiari con tre o più figli (743 euro l’anno). Una delle informazioni più curiose riguarda la tassazione delle famiglie straniere: sebbene siano tra i consumatori più bassi (1.530 euro al mese), le famiglie composte da soli stranieri pagherebbero di più rispetto alle famiglie italiane (il 2,3% contro il 2,26%). Nel settore lavorativo, gli operai subiranno una percentuale inferiore della tassa in confronto a dirigenti, liberi professionisti ed imprenditori.
Essendo il 1º gennaio ancora ben lontano, non sono escludibili modifiche last minute per scenari intermedi: un esempio è alzare di un punto sia la aliquota al 10% che al 22%, situazione che costerebbe solo 173 euro all’anno a tutte le famiglie in Italia.