Il segretario di stato Usa Mike Pompeo è tornato all’attacco della Cina, sostenendo che nel Paese asiatico fossero a conoscenza del virus già a novembre.
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Successivamente, sempre dagli Usa è partita l’indiscrezione secondo cui sarebbero stati censurati gli studi sull’origine del Covid-19. Di recente è stata avviata anche un’indagine su alcuni rapporti di sicurezza inviati dall’ambasciata Usa in Cina nel 2018. In questi i diplomatici informavano delle carenti misure di sicurezza in un laboratorio cinese in cui si effettuavano test sul coronavirus responsabile della Sars.
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Nelle scorse ore l’accusa ai danni della Cina è stata lanciata direttamente dal segretario di stato degli Usa Mike Pompeo. Questo sostiene che il Paese asiatico ha volutamente ritardato la comunicazione sull’esistenza del virus: “I primi casi erano noti al governo cinese forse già a novembre, sicuramente a metà dicembre, e si sono presi del tempo per riferirlo al resto del mondo, compresa l’Organizzazione mondiale per salute”.
La grave accusa di Pompeo ha portato ad un forte clamore mediatico e costretto un portavoce del governo cinese a smentire. Intervistato dai media locali, infatti, Geng Shuang ha definito le teorie esposte dal segretario di stato statunitense come “Totalmente infondate”. Non è la prima volta, d’altronde, che la Cina si trova costretta a smentire una presunta violazione del protocollo internazionale di sanità.