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Chiusura per mancanza di personale, la replica: «Davi una ‘paga da fame’»

La titolare de ‘Il Locale’ chiude il bar perché non trovava personale, una ex dipendente replica: «sono stata pagata 300 euro per sei mesi di lavoro».

 

Rovigo. Maura Cavallaro, titolare de Il Locale di via Miani, ammette che non trova nessuno disposto a lavorare nei weekend. La donna è alla disperata ricerca di personale, eppure non trova nessuno disposto a lavorare per lei. Che sia l’ennesima storia che accusa i giovani di essere diventati così pigri? Ma alle accuse di Maura arriva la replica di una ex dipendente a confutare tutto.

Elisa (nome di finzione) aveva risposto all’annuncio di lavoro della signora Cavallaro, quando gestiva un altro locale. Aveva iniziato da Maura senza avere esperienza, sotto la promessa di imparare da lei. Dopo un giorno di prova era stata assunta senza contratto, però la titolare non voleva che lasciasse il lavoro prima della fine della stagione invernale, in cui la clientela aumentava. Elisa lavorava in nero e per i pagamenti si scriveva le presenze e cercava di fare i conti, ma Maura la pagava sempre in contati quando voleva lei. Inizialmente dovevano essere 8€ l’ora, ma poi sono diminuiti. E quando Elisa chiedeva lo stipendio, Maura rispondeva che lo avrebbe avuto più avanti. In sei mesi di lavoro, lavorando nei weekend, è stata pagata 300€.

I ‘problemi familiari’ non pagano gli stipendi

La Cavallaro si giustificava dicendo di avere ‘problemi familiari’. Questa era la motivazione per cui non riusciva a pagare la dipendente e, anzi, le aveva detto di essere riconoscente per il mestiere che le stava insegnando. Eppure Elisa, nonostante gli accordi che avevano preso, non ha più visto un euro da Maura dopo che ha dato le dimissioni, anche se la donna le aveva promesso di saldare i conti. Ma la storia di Elisa non è un caso singolare, perché molti altri giovani soffrono gli stessi problemi e sono costretti a lasciare i posti di lavoro proprio perché non vengono retribuiti.

Elisa, che ha lavorato da Maura oltre dieci anni fa, ha deciso adesso di farsi avanti perché non ce l’ha fatta a sentire incolpare i giovani e la loro poca voglia di lavorare. Ai giovani, dice Elisa, non viene data fiducia e la possibilità di mettersi in gioco ma soprattutto non viene dato il pagamento meritato. Se una persona venisse pagata per la sua effettiva prestazione lavorativa, lavorerebbe al meglio delle sue capacità.

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