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Giorgio Panariello | Chi è l’attore toscano | Fidanzata, carriera e curiosità

Le origini della famiglia di Giorgio Panariello sono napoletane ma, come è facile dedurre dal suo accento, i suoi natali sono orgogliosamente fiorentini.

Giorgio Panariello, oggi 58enne, nasce nei pressi di Firenze e si ritrova sin da subito in una situazione familiare difficile da cui, però, saprà trarre la sua forza, il suo particolare senso dell’ironia e la sua capacità di smuovere il cuore del pubblico come solo altri pochissimi comici italiani possono dire di saper fare. Il pubblico lo sceglie, sin dalle sue prime apparizioni, portandolo dal nulla al grande successo nel giro di poco tempo. Vicende personali e arte si mescolano nel raccontare la storia di un uomo che racchiude in sè un Peter Pan rimasto dal cuore bambino e che, al tempo stesso, si è trovato a dover crescere sin troppo presto.

Panariello da bambino in uno scatto pubblicato recentemente su Instagram

Chi è Giorgio Panariello: l’uomo e il personaggio comico

L’artista nasce infatti a Firenze e trascorre l’infanzia a Cinquale, piccola frazione situata nel comune di Montignoso. Il piccolo Giorgio viene affidato ai nonni dalla madre che, a pochi giorni dal parto, decide di abbandonarlo. Quando gli è stato chiesto se la sua vita, iniziata il 30 settembre del 1960, sia stata per questo motivo difficoltosa il comico ha risposto semplicemente e con l’ironia che lo contraddistingue: “No, la mia non è stata affatto un’infanzia difficile, anzi è stata un’infanzia bellissima, piena di amore e di attenzioni.”

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La mì nonna si chiamava Bona. Ma non Bona come si usava in certi casati nobiliari e naturalmente nemmeno Bona nel senso moderno e volgare. No, la nonna si chiamava Bona perché era nata il giorno di San Bonaventura e siccome non sapevano come sbrigarsela con un nome senza femminile come Bonaventura, la chiamarono Bona e basta. Nonna Bona faceva la casalinga. Il nonno, Raffaello Panariello, lavorava nello stabilimento di Massa della Dalmine, la famosa industria di tubi per il petrolio, il gas, eccetera. Operaio, era addetto alla pulitura interna dei tubi e là dentro respirava qualsiasi cosa tanto che si è ammalato alla gola, malattia tipica del suo lavoro, operato, è andato in pensione relativamente giovane. No, non ho mai sentito la mancanza dei genitori. Mio padre non so neppure chi sia, mia madre mi aveva affidato ai nonni e probabilmente per loro questo era uno stimolo a darmi ancora di più, quindi non mi è mancato mai l’affetto.”

L’amore ricevuto dai nonni, i quali hanno fatto tutto ciò che potevano per rendere Giorgio Panariello un sereno e bravo ragazzo hanno portato a voler intraprendere la giusta strada piuttosto che perdersi sulla cattiva, grazie anche a una concezione della vita come la sua nella quale il bicchiere viene, nella maggior parte dei casi, visto come mezzo pieno: “Sono quelle situazioni in cui ricevi una spinta maggiore rispetto a altri e quella spinta può farti imboccare la strada giusta o la strada sbagliata. Io sono stato fortunato perché ho preso quella giusta. Mi sono sentito responsabilizzato, da bambino inconsapevolmente, poi sempre più coscientemente: a diciotto anni ero io, in pratica, il capofamiglia.”

Responsabile e sognatore, l’artista passa così l’adolescenza già durante la quale inizia a capire di avere la capacità di saper far sorridere: “La maestra mi voleva sempre in prima fila per tenermi sotto controllo. Ma anche se ero un po’ scapestrato, io credo che avesse simpatia per me. I discoli fanno più simpatia del classico secchione. Il secchione, quello che alza la mano “lo so io”, non è mica tanto amato dagli insegnanti. Invece quello che cerca di nascondersi sotto il banco – ‘Panariello, vieni fuori di lì e rispondi’ – quello sta più simpatico. E poi ero vivace ma ero anche educato, sapevo quando bisognava smetterla”.

Anche il racconto dell’approccio al mondo dello spettacolo di Giorgio Panariello rispetta la sua natura giocosa: “Dopo le medie sono andato alla scuola alberghiera, a Marina di Massa, mi dicevano che avrei fatto bene il cameriere. Invece sono andato a lavorare in un cantiere a Viareggio come elettricista navale. Cioè, soprattutto dormivo, perché la sera andavo a fare il dj in discoteca a Forte dei Marmi. Dormivo tre ore per notte, andavo tardissimo a letto, mi alzavo alle sei, prendevo il treno per Viareggio, arrivavo al cantiere verso le nove e alle nove e mezzo già dormivo in qualche cambusa. Mi hanno beccato spesso. E infatti dopo un po’ ho smesso, di andare al cantiere, e ho fatto solo il dj. Non era una scelta saggia da un certo punto di vista, quello del nonno per esempio. Al cantiere nel ’78 guadagnavo già 800.000 lire al mese, in discoteca me ne davano 200.000 quando se ne ricordavano. La nonna mi ha sempre sostenuto, lei era una mia grande fan, anzi i primi costumi di scena, per esempio quelli da Renato Zero che è stata la mia prima imitazione, me li cuciva lei. Il nonno invece stava lì ad ascoltare quando io cercavo di farmi bello con lui dicendogli ‘Sai nonno, ora faccio anche uno spettacolo per un tv locale…’. E lui: ‘Sì, ma il bollo del motorino chi lo paga?’”.

A quel tempo non sapevo esattamente cosa volevo fare, se il dj, il presentatore, l’attore, la radio, la televisione. Però sapevo che era qualcosa nel mondo dello spettacolo”. All’inizio degli anni 80’ qualcosa inizia a smuoversi e tanto che l’attore assieme a Claudio Fortini, Cesare Tarabella, Carlo Fontana e Massimo Polacci dà vista alla trasmissione radiofonica Radiosquillo, che porta in giro con sè nelle discoteche versiliesi. La notorietà si fa alta quando Panariello inizia a dare vita alle sue imitazioni, come quella di Renato Zero, e a personaggi come Merigo, tratto dalla vita vera, come tutte le sue maschere. Fra spettacoli itineranti e incontri che si riveleranno per lui decisivi, il comico porta la sua maschera di Renato Zero con sè in spettacoli itineranti prima nelle discoteche viareggiane , poi nei teatri e, infine, in talent come Stasera mi butto dove, effettivamente, debutta dando inizio al suo enorme successo nel 1991. L’incontro con Leonardo Pieraccioni e Carlo Conti porta a un idillio che li consacra in un trio comico e, soprattutto, al successo. Dal teatro inizialmente, sino alla prima pellicola girata nel 1994 per il piccolo schermo, e soprattutto con Vernice fresca nascono i personaggi che ne decretano l’ascesa come attore comico. Il suo spettacolo teatrale Panariello sotto l’albero registra, infatti, il tutto esaurito registrando oltre 24 mila spettatori. L’uomo che conosciamo oggi come Giorgio Panariello è attivo nel teatro, nel mondo della musica, della televisione, della radio e del cinema e non solo rappresenta una garanzia dal punto di vista del gradimento da parte del pubblico ma soprattutto un indiscusso portatore sano di risate, di quelle belle, che mostrano la realtà in una chiave tanto ironica quanto vera. Sulla mancanza delle figure genitoriali nella sua vita l’attore ha detto molte cose e ha sottolineato che, alla fine dei conti, sono state la spinta più grande a voltarsi definire come uomo e come artista: “La mancanza di mia madre non è stata una cosa drammatica, anzi, penso che sia stata una fortuna. Se avessi avuto un padre e una madre, tutto regolare, quasi certamente ora non sarei quello che sono, avrei preso un’altra strada, migliore, peggiore, non lo so, ma diversa. Forse è stata una situazione che mi ha dato qualcosa in più. Del resto gli artisti, in tutti i campi, spesso creano in momenti di sofferenza, il dolore affina la sensibilità. Se tutto va bene, se hai tutto, sei ricco e felice, paradossalmente inventarsi la vita può essere più difficile”.

Marta Colanera

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Marta Colanera