La scomparsa di Daniele Potenzoni rimane ad oggi ancora un mistero, il ragazzo disabile (che adesso avrebbe 39 anni) è svanito durante una gita a Roma nel 2015. Nei giorni immediatamente successivi è stato accusato della scomparsa il suo accompagnatore, reo di averlo perso di vista durante la visita alla capitale. Dopo le indagini ed il processo, però, l’uomo è stato sollevato dalle accuse: il giudice ha ritenuto che non avesse colpe poiché manca la volontà di compiere il gesto criminoso. Al termine del processo l’infermiere di Lodi si è detto dispiaciuto, ma ha anche sottolineato come non fosse colpa sua: “Sono veramente dispiaciuto per Daniele ma la sua scomparsa non è dipesa da me”.
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Intervistato da ‘La vita in diretta’ per offrire la propria testimonianza sul caso, il padre di Daniele, Francesco Potenzoni, spiega che lui e sua moglie non hanno abbandonato la speranza di poter riabbracciare il figlio: “Noi sentiamo che è ancora vivo, non possiamo gettare la spugna, dobbiamo sapere dove è andato mio figlio”. L’uomo confida di sentirsi un po’ in colpa per quanto successo, visto che da sempre era contrario a mandarlo in gita e la prima volta che lo ha concesso il figlio è scomparso.
Probabilmente anche per questo non si rassegna all’idea che Daniele sia uscito dalla sua vita e chiede allo Stato un contributo alle ricerche: “Bisogna che lo Stato ci dia una mano a cercarlo, sono solo volontari ed associazioni a cercarlo: lo Stato è sempre stato assente in questi casi”. Infine Francesco si esprime negativamente sull’accompagnatore, che in questi anni non ha mai voluto parlare con lui e sua moglie, e ritiene che la sentenza di assoluzione non sia giusta: “È stato assolto perché non c’è dolo, ma allora la colpa di chi è? E lui ha festeggiato anche in aula anziché chiederci scusa. Non funziona così”.