Chi l’ha visto, svelata frode informatica gravissima: denunce ed arresti

A ‘Chi l’ha visto’ vengono illustrati i metodi utilizzati da diversi malfattori per piazzare una cyber truffa costata migliaia di euro.

Chi l'ha visto parla di una truffa informatica
Chi l’ha visto parla di una truffa informatica Foto dal web

Chi l’ha visto, oltre ai casi di persone scomparse, tratta anche situazioni controverse legate a truffe di vario genere. La trasmissione di inchieste di Rai 3 parla ora nello specifico proprio di una frode informatica perpetrata ai danni di alcune aziende.

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Le operazioni condotte da parte della Polizia Postale di Treviso hanno portato a 12 denunce, che hanno colpito altrettanti cittadini tutti quanti originari della Nigeria. Per ognuno di loro c’è da rispondere dei reati di accesso abusivo a sistema informatico e di frode informatica.

A seguito di ciò sono scattati dei controlli anche in altre regioni italiane, e nello specifico in Piemonte, Liguria, Emilia-Romagna e Lombardia. Le verifiche hanno avuto luogo in provincia di Alessandria, Torino, Genova, Monza e Pavia.

La banda specializzata in illeciti sul web perpetrava più di tutti una tipologia di truffa, chiamata B.E.C., acronimo di Business e-mail compromise. Lo specifica anche ‘Chi l’ha visto’ attraverso un messaggio rilasciato sul proprio profilo ufficiale Instagram.

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Chi l’ha visto, come avveniva la truffa informatica

In pratica l’illecito consisteva nell’intrufolarsi all’interno delle e-mail di una azienda in concomitanza con la conclusione di un affare. In questo modo i malviventi riuscivano a nominare loro stessi come destinatari dei pagamenti necessari per l’acquisto di forniture. Tutto quanto era stato scoperto nello scorso mese di settembre.

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Allora una azienda di base a Montebelluna, in provincia di Treviso, e che lavora nell’ambito dell’industria calzaturiera, si era accorta che le fatture regolarmente emesse in suo favore da parte di una società in Indonesia alle quali venivano venduti materiali per la lavorazione non erano in realtà andate a buon fine.

Il danno è costato 155mila euro. Soldi irregolarmente deviati e che invece di finire sul conto in banca della società trevigiana avevano come destinazione appositi conti correnti aperti dai truffatori.

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Loro stessi si sono in pratica sostituiti all’azienda di Montebelluna, invitando gli interlocutori in Asia ad effettuare i pagamenti sui loro conti correnti. Diversi anche i sequestri effettuati da parte delle forze dell’ordine, che hanno imposto il blocco amministrativo a svariati telefonini e carte di credito.

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