San Patrignano, Fabio Cantelli: “Mi ha salvato la vita”

A distanza di qualche settimana dal documentario Netflix, Fabio Cantelli racconta in un libro come San Patrignano lo abbia salvato.

Ad inizio anno si è parlato molto della comunità di San Patrignano, di come abbia aiutato moltissime persone a vincere la dipendenza dalla droga, ma anche dei lati oscuri della stessa. Merito di questo ritorno d’interesse è stato il documentario di Netflix Sanpa, nel quale viene raccontato il bello ed il brutto della comunità, il ruolo e parte della vita di Muccioli.

Una volta che la polemica tra sostenitori e detrattori del documentario si è spenta, a tornare a parlare della comunità di recupero è stato Fabio Cantelli, con un libro in cui racconta la sua storia di dipendenza e come l’aiuto di San Patriagnano sia stato fondamentale per fargli capire che era schiavo della droga e a rischio di vita. Parte di questo racconto è stato pubblicato dal Corriere della Sera, noi ci limiteremo a farne un sunto e riportarvi le parti più significative.

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San Patrignano, Fabio Cantelli: “Mi ha salvato la vita”

Il racconto comincia nel periodo in cui Cantelli era così dipendente dalla droga da non riuscire a smettere. L’uomo entrava e usciva dalla comunità, ogni qual volta veniva portato a San Patrignano trovava il modo di scappare e continuare a drogarsi. E’ stato nel 1984 che, convinto che la comunità non avrebbe potuto aiutarlo a smettere, decise di non farvi più ritorno e di vivere a Milano in una pensione a basso costo.

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Le sue giornate erano scandite dall’effetto delle dosi di eroina che assumeva e dai pasti necessari tra una “botta” e un’altra. Inoltre aveva trovato un accordo con il pusher che gli permetteva di avere le dosi domenicali senza doverle pagare subito. Durante la settimana, infatti, si procurava il denaro rubando vestiti dai negozi e rivendendoli, ma la domenica i negozi erano chiusi e lo spacciatore gli concedeva un giorno di tempo per pagare le dosi.

La scoperta della cocaina

Quella routine da “coscienzioso impiegato dell’eroina” durò solamente tre mesi. Successivamente, infatti, nella sua vita è avvenuto un incontro che gli ha cambiato la vita e gli ha fatto scoprire la cocaina: “L’eroina provoca indifferenza e distacco, ma l’arresto emotivo è provocato, per altra via, anche dalla cocaina. Con una differenza sostanziale: mentre la prima agisce attraverso una lenta combustione, che mantiene a lungo il calore della fiammata iniziale e decresce in modo tale da permettere all’io di risvegliarsi e prepararsi all’astinenza, la cocaina produce una fiamma molto più alta e poi, improvvisamente, la spegne”.

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Insomma se ormai aveva imparato a gestire l’astinenza da eroina, quando ha cominciato a prendere la cocaina il controllo e la routine sono definitivamente saltati: “Il rapporto tra l’io e la cocaina è invece una collisione tra opposti, un rapporto in cui entra in gioco il tutto e il nulla. (…) Il mese di maggio del 1984 rappresenta nella mia storia questa specie di epifania del terribile. Fu allora che la distruzione prodotta da anni di eroina venne quasi irrisa da una distruzione di diversa e superiore qualità”.

La reclusione a San Patrignano

Per circa un mese Fabio Cantelli ha vissuto nella mansarda di un giovane di buona famiglia, il quale gli regalava la cocaina o gliela passava a prezzo di favore in cambio di compagnia e attenzione. Il ragazzo era di orientamento omosessuale e secondo Cantelli nutriva la segreta speranza che quelle cortesie prima o poi venissero ricambiate da prestazioni sessuali.  Con il passare del tempo, però, le dosi agevolate dall’ospite non gli bastavano più e Cantelli cominciò a girare per la città in cerca di droga.

Comprese che in quel modo non poteva andare avanti e decise di tornare a San Patrignano, ma anche questa volta riuscì a scappare. Incapace di controllare la crisi di astinenza seguì un pusher e dopo aver localizzato il posto in cui nascondeva le dosi, le rubò e si drogò nuovamente. Completamente sfatto, quasi incapace di reggersi in piedi, tornò a casa della madre, la quale chiamò la comunità per farlo aiutare.

Quello è stato l’evento svolta della sua vita, racconta Cantelli: ” La notte ero di nuovo a San Patrignano: qualche ora prima, in casa di mia madre, saturo di droghe e malfermo sulle gambe, fui prelevato da due ragazzi che mi ci riportarono. Al risveglio capii di essere stato rinchiuso. Una stanza, un materasso, una porta di ferro, nel parco della comunità. Ci rimasi venti giorni. Se parlo di questo come dell’evento centrale della mia vita, è perché quella clausura me l’ha salvata. Non perché da allora abbia smesso definitivamente di usare droghe (…), ma perché durante quella clausura per la prima volta io vidi la mia tossicomania”.

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